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❌🙁FIUME volantino Spalato d’Annunzio – Lotto di un granatiere

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Lotto cartaceo composto da un volantino lanciato da un aereo – W GABRIELE D’ANNUNZIO – W FIUME d’ITALIA –  ed un altro volantinoVENDICHIAMO I MORTI DI SPALATO –  Completano il lotto, lasciato così come rinvenuto, una serie di nastrini di carta con scritto FIUME O MORTE , dei fiocchetti colorati con la didascalia “Ricordi di thé dansant nell’asilo d’infanzia a Fiume” ,  timbro “Comitati Riuniti Pro Fiume Italiana” . Materiale di un lotto di un Granatiere che partecipò all’impresa fiumana. In belle condizioni di conservazione. Dimensioni del foglio circa cm. 30 x 30

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Descrizione

Lotto cartaceo composto da un volantino lanciato da un aereo – W GABRIELE D’ANNUNZIO – W FIUME d’ITALIA –  ed un altro volantinoVENDICHIAMO I MORTI DI SPALATO –  Ci sono poi dei nastrini di carta con il tricolore di Fiume  Rosso-Giallo-Blu , con scritto FIUME O MORTE , dei fiocchetti colorati con la didascalia “Ricordi di thé dansant nell’asilo d’infanzia a Fiume” , un foglietto con il timbro dei “Comitati Riuniti Pro Fiume Italiana” . Tutto raccolto sin dall’origine, su un foglio di carta ruvida da disegno, da un Granatiere che era in servizio a Fiume, durante il periodo dell’impresa fiumana.

Il volantino di Spalato è incollato al cartoncino, mentre al retro del volantino di Fiume – d’Annunzio , che misura cm. 17 x 12 , troviamo un appunto originale scritto ad inchiostro stilografico, “Lanciato da un aereo giorni sono

Del granatiere si conosce il nome, si dispone di altro materiale, che verrà proposto nel tempo.

Lotto interessante e soprattutto originale, il volantino di Fiume che inneggia a d’Annunzio, il volantino di Spalato, tutto lasciato nella forma come rinvenuto.  In belle condizioni di conservazione. Dimensioni del foglio circa cm. 30 x 30

 

 

NOTIZIE

Gli incidenti di Spalato furono una serie di episodi violenti a carattere prevalentemente antitaliano che si verificarono nella città dalmata di Spalato fra il 1918 e il 1920, e che culminarono con l’assassinio del comandante della Regia Nave Puglia Tommaso Gulli e del motorista Aldo Rossi, colpiti la sera dell’11 luglio 1920 e deceduti nel corso della notte.

Questi episodi si inserirono all’interno di una pluridecennale lotta per il predominio sull’Adriatico orientale fra popolazioni slave meridionali(croate e slovene) e italiane, ancora nell’ambito dell’Impero austro-ungarico. Alla fine del XIX secolo la corrente irredentista sorta all’interno del Regno d’Italia e lo jugoslavismo da parte slava coinvolsero nella questione anche Stati già indipendenti, come il Regno d’Italia stesso e il Regno di Serbia. Lo scoppio della prima guerra mondiale, l’entrata in guerra dell’Italia, il disfacimento dell’Impero, le trattative di pace e le successive fortissime frizioni fra l’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni furono gli eventi più recenti, precedenti e contemporanei agli incidenti di Spalato.

Inquadramento storico

Sbarco di truppe italiane a Sebenico. A sinistra, l’ammiraglio Enrico Millo

 

Conformemente a quanto previsto dagli accordi con gli alleati e successivamente alla firma dell’armistizio con l’Impero austro-ungarico, ai primi di novembre del 1918 le truppe italiane procedettero all’occupazione dei territori riservati all’Italia dal Patto di Londra e dalle clausole armistiziali.

La Marina predispose l’invio di navi da guerra in Dalmazia, destinate a prendere possesso dei territori in questione. A bordo di queste navi vi erano generalmente anche dei dalmati italiani arruolati nella Marina, con l’incarico di aiutare le truppe nel contatto con le popolazioni locali. I contatti venivano generalmente presi con le locali sedi dei Fasci Nazionali Italiani, le associazioni locali degli italiani che si potevano trovare nelle principali località della costa e delle isole.

La città di Spalato e la costa meridionale della Dalmazia – non contemplate dal patto di Londra – erano state escluse dall’occupazione italiana. In questa zona il potere era stato assunto da un comitato locale guidato da Josip Smodlaka e Ivo Tartaglia, che proclamò l’unione della Dalmazia al nuovo Stato serbo-croato-sloveno (dal 1º dicembre Regno dei Serbi, Croati e Sloveni) ed organizzò una guardia nazionale nelle varie città.

I nazionalisti jugoslavi si dimostrarono subito estremamente ostili verso le forze militari italiane, viste come occupatrici del suolo jugoslavo, anche perché vi era il timore che cercassero di prendere con la forza anche Spalato. Ad aggravare la situazione concorse il flusso di profughi jugoslavi dalle zone di occupazione italiana, che rimasero in città e per due anni costituirono il fulcro delle continue manifestazioni anti-italiane.

Gli italiani di Spalato

Nella città di Spalato viveva una comunità autoctona italiana, che nel novembre del 1918 fu riorganizzata attraverso la fondazione, sulle ceneri del Partito Autonomista – sciolto dalle autorità austriache nel 1915 –, del Fascio Nazionale guidato da Leonardo Pezzoli, Antonio Tacconi, Edoardo Pervan e Stefano Selem. Risulta tuttavia complesso quantificare la consistenza numerica della comunità italiana di Spalato. I censimenti austriaci in Dalmazia rilevavano sul campo – dapprima sporadicamente, a partire dal 1890 in modo sistematico – la “lingua d’uso”: l’idea di fondo era quella di una connessione diretta tra lingua e nazionalità di un individuo. Tale metodologia risultò però controversa: da un lato, considerando un’unica lingua il serbo-croato non era possibile distinguere l’etnia serbadalla croata; dall’altro, essendo i rilevatori del censimento incaricati comunali, in tutte le località della costa orientale dell’Adriatico – che conobbero, come Spalato, pluridecennali lotte per il predominio fra italiani e slavi – si rilevarono costanti lamentele da parte della componente etnica che non deteneva il potere a livello comunale nel periodo del censimento, e che riteneva che i rilevatori manipolassero sistematicamente i dati. Inoltre, dal 1909, era stato proibito in tutta la Dalmazia l’uso della lingua italiana negli atti pubblici.

Il manifesto per gli italiani di Spalato, affisso dal Fascio Nazionale cittadino il 3 novembre 1918

 

La missione di D’Annunzio a Zara

Pranzo al governatorato di Zara in onore di D’Annunzio. Si riconoscono Giovanni Giuriati (terzo da sinistra), D’Annunzio (a sinistra al centro), Luigi Rizzo (accanto D’Annunzio), il podestà di Zara Luigi Ziliotto (a destra con la barba bianca) e l’ammiraglio Millo (accanto a Ziliotto, di fronte a d’Annunzio)

I movimenti di D’Annunzio a Fiume e in Dalmazia divennero sempre più una vera e propria ossessione per le autorità jugoslave e notevole fonte d’imbarazzo per gli italiani, che non erano riusciti ad impedirne l’ingresso a Fiume, così come non erano riusciti ad impedire il continuo afflusso in città di volontari da molti reparti dell’esercito e della marina.

Il 14 novembre una piccola flotta di tre navi da guerra partì da Fiume per giungere a Zara all’alba del giorno dopo, a bordo c’era proprio Gabriele d’Annunzio, con un gruppo di legionari, e gli italiani di Spalato fremevano – vedi volantino. L’entusiastica accoglienza della popolazione coinvolse anche il governatore Millo, che ricevette i ribelli in modo affettuoso, il che gli creò attorno una cappa di sospetto da parte del governo jugoslavo e pure di una parte del governo italiano. A Spalato la notizia creò all’inizio forti timori, ma poi sfociò nuovamente in una serie di manifestazioni antitaliane: si giunse a bloccare ogni movimento e ogni rifornimento alla nave Puglia, con la motivazione che «la Puglia non era da considerarsi nave da guerra italiana perché essa obbediva all’Ammiraglio Millo e questi (…) era agli ordini di d’Annunzio». A novembre ebbero luogo altre devastazioni dei locali spalatini gestiti da italiani: furono assaliti il Caffè Nani e la cartoleria Milich; l’abitazione di Tacconi venne violata e nuovamente danneggiata; per la strada venne aggredito Pezzoli; infine dai circoli italiani vennero asportati i ritratti dei Savoia, poi gettati in mare. Il piroscafo italiano Bosnia, alla fonda al porto, fu assalito: venne ammainata e bruciata la bandiera italiana, sostituita poi col tricolore jugoslavo. I disordini cessarono solo dopo l’intervento personale del governatore jugoslavo, costretto in seguito a scusarsi di fronte a Menini.

 

Fonti Wikipedia , da consultare per ulteriori approfondimenti data la vastità dell’argomento

 

Impresa di Fiume

Foto Fiume.jpg
D’Annunzio con alcuni legionari a Fiume nel 1919
L’Impresa di Fiume consistette nella ribellione di alcuni reparti del Regio Esercito al fine di occupare la città di Fiume, contesa tra il Regno d’Italia e il Regno di Jugoslavia. Organizzata da un fronte politico a prevalenza nazionalista e guidata dal poeta Gabriele D’Annunzio, la spedizione raggiunse Fiume il 12 settembre 1919, proclamandone l’annessione al Regno d’Italia.

L’occupazione dei “legionari” dannunziani durò 16 mesi con alterne vicende, tra cui la proclamazione della Reggenza italiana del Carnaro. L’impresa fiumana raggiunse l’epilogo con l’approvazione del Trattato di Rapallo. L’opposizione dei dannunziani all’applicazione del trattato portò il governo Giolitti ad intervenire con la forza, sgombrando Fiume durante le giornate del Natale 1920.

Antefatti

Nel 1910 secondo un censimento, la popolazione di Fiume era pari a 49806 abitanti, e così suddivisa: 24212 dichiaravano di avere come lingua d’uso l’italiano, 12926 il serbocroato e altre lingue, soprattutto ungherese, sloveno e tedesco. Nel censimento non si consideravano i dati della località di Sussak, quartiere a maggioranza croata sorto in epoca recente a est della Fiumara. Quest’ultimo era il corso d’acqua che suddivideva la municipalità di Fiume (formalmente dipendente dalla Corona Ungherese) dal Regno di Croazia. La città di Fiume aveva sempre lottato contro la propria annessione al Regno di Croazia.

Alla conclusione del primo conflitto mondiale, dalle trattative di pace, l’Italia ottenne le terre irredente di Trento e Trieste ma l’opposizione del presidente statunitense Wilson condusse a una situazione di stallo per quanto riguardava la Dalmazia e Fiume: la prima era promessa all’Italia col patto di Londra; la seconda era reclamata dagli italiani in quanto abitata prevalentemente da connazionali, tanto che già nell’ottobre 1918 a Fiume si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l’annessione all’Italia, di cui fu nominato presidente Antonio Grossich. I rappresentanti italiani a Parigi Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, dopo aver polemicamente abbandonato il tavolo delle trattative il 24 aprile, non avendo colto i risultati sperati, vi fecero ritorno il 5 maggio.

Gli incidenti di Fiume

A Fiume, già ad aprile Giovanni Host-Venturi e Giovanni Giuriati avevano iniziato a creare una Legione fiumana costituita da volontari per difendere la città.

Nel frattempo d’Annunzio si era recato a Roma per tenere una serie di comizi in favore dell’italianità di Fiume, ed i suoi discorsi infuocati suscitarono l’emozione e l’attestato dei moltissimi giovani reduci che ritornati dalla guerra erano rimasti disoccupati. Insistendo sull’onta della vittoria mutilata. Intanto a Fiume la situazione diveniva sempre più incandescente e si susseguivano costantemente manifestazioni della popolazione a favore dell’italianità della città e incidenti tra i vari reparti delle quattro nazioni che al termine del conflitto avevano occupato la città (italiani, francesi, inglesi, americani). Il 29 giugno 1919 scoppiarono tumulti fra i militari francesi, i cui ufficiali avevano osato strappare il tricolore italiano appuntato sulle vesti delle donne fiumane, e la popolazione civile, in soccorso della quale intervennero soldati e marinai italiani: nove morti e molti feriti costituirono il numero degli scontri, protrattisi fino al 6 luglio, noti come “Vespri fiumani”; Parigi decise lo scioglimento del Consiglio Nazionale Fiumano e pretese il ritiro dei militari italiani (falsamente accusati di avere provocato gli incidenti).

Il 30 giugno 1919 una delegazione guidata da Grossich incontrò a Roma d’Annunzio, chiedendogli di assumere la guida del movimento di resistenza fiumano: d’Annunzio accettò, e su attestato autografo redatto, si convenne di procedere all’arruolamento di volontari nell’ambito dei vari raggruppamenti nazionalisti per farli successivamente convergere a Fiume. A Parigi si decisero così alcune sanzioni e l’allontanamento dei Granatieri di Sardegna i quali sotto il comando del generale Mario Grazioli, lasciarono Fiume il 25 agosto 1919 acquartierandosi a Ronchi. Da qui sette ufficiali inviarono a D’Annunzio una lettera in cui lo invitavano a porsi a capo di una spedizione che a Fiume ne rivendicasse l’italianità.

La Marcia di Ronchi

Dopo alcuni giorni D’Annunzio ruppe gli indugi e garantì il proprio arrivo a Ronchi per il 7 settembre, ma a causa di una intempestiva febbre poté onorare il proprio impegno solo l’11 dello stesso mese. Intanto a Ronchi erano già arrivati numerosi volontari.

D’Annunzio informò Mussolini solo il giorno prima della partenza per Fiume quando, sciolta ogni riserva ed attestato che non vi fosse nessun altro impedimento, gli inviò una lettera (con autografo) chiedendogli sostegno.

«Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile… Sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio.»

Qui giunsero anche i volontari al seguito del tenente Guido Keller. Il 12 settembre i granatieri comandati dal maggiore Reina intrapresero la Marcia di Ronchi, ed in viaggio verso Fiume alla colonna si unirono altri volontari tra cui alcuni gruppi di bersaglieri che in realtà avrebbero dovuto bloccarlo. Oltrepassato il confine presidiato dal generale Vittorio Emanuele Pittaluga, dopo essersi congiunto con la Legione Fiumana di Host-Venturi, D’Annunzio prese possesso della città acclamato dalla popolazione italiana e dai volontari lì presenti. Nel pomeriggio D’Annunzio proclamò l’annessione all’Italia di Fiume.

«Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione… Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d’Italia proclamando l’annessione di Fiume.»
(Dal discorso tenuto da D’Annunzio il 12 settembre dal Palazzo del Governo di Fiume)

Questa giornata sarà in seguito celebrata come il giorno della “Santa Entrata“.

Il 22 settembre approdò la Nave della Regia marina “Cortellazzo” (ex incrociatore Marco Polo) che si unì ai legionari di D’Annunzio.

… omissis … omissis …

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Fonti Wikipedia, l’enciclopedia libera, dove poter approfondire l’argomento data la notevole mole di notizie presenti … 

9.19

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