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Balbo lettera autografa Medaglia Manovre Armata Aerea

249,00

Lettera dattiloscritta e firmata autografa da Italo Balbo , per la concessione della Medaglia d’argento coniata per le GRANDI MANOVRE AEREE che si svolsero nei giorni 27 – 28 – 29 – 30  Agosto  1931

Ottime condizioni, se ne garantisce l’autenticità e l’originalità della firma apposta di BALBO

(Scorri la pagina in basso per ulteriori dettagli e informazioni)

 

 

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Descrizione

Lettera dattiloscritta , e firmata autografa da Italo Balbo , per la concessione della Medaglia d’argento coniata per le GRANDI MANOVRE AEREE del 1931 , al sottotenente Gustavo Garretto della Regia Accademia Aeronautica, per aver partecipato alle esercitazioni.

La lettera è assolutamente originale; riporta in alto a sinistra il logo del MINISTERO DELL’AERONAUTICA – IL MINISTRO  , in alto a destra la data a timbro  15 GEN. 1932 Anno X , ed al centro il testo che recita : “Caro Tenente, è stata coniata una medaglia a ricordo delle prime manovre dell’Armata Aerea; mi è gradito offrirne un esemplare d’argento a lei che ha partecipato alle varie fasi delle esercitazioni. Cordiali saluti ” seguita dalla firma autografa dell’allora ministro  Balbo

La lettera autografa testimonia l’esistenza della medaglia in argento per le Grandi Manovre Aeree, che si svolsero nei giorni 27 – 28 – 29 – 30 di Agosto del 1931, è in ottime condizioni, se ne garantisce l’autenticità e l’originalità della firma apposta di pugno dal Generale Italo BALBO.

 

Medaglia commemorativa delle Manovre dell’Armata Aerea

 

Filmato delle Grandi Manovre Aeree – Istituto Luce

 

 

Manovre aeree filmato  (Youtube)

 

MATERIALE     :  Carta

MISURE             :  cm. 29 x 22

 

 

 

NOTIZIE

Italo Balbo (Quartesana, 6 giugno 1896 – Tobruch, 28 giugno 1940) è stato un politico, generale e aviatore italiano.

Iscritto al Partito Nazionale Fascista, fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma, diventando in seguito comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e sottosegretario all’economia nazionale. Nel 1929 assunse l’incarico di ministro della Regia Aeronautica, veste in cui promosse e guidò diverse crociere aeree come la crociera aerea transatlantica Italia-Brasile e la crociera aerea del Decennale. Considerato un potenziale rivale politico di Benito Mussolini a causa della grande popolarità raggiunta, Balbo fu nominato nel 1934 governatore della Libia.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale organizzò voli di guerra per catturare alcuni veicoli del Regno Unito, e proprio durante il ritorno da uno di questi voli, il 28 giugno 1940, fu abbattuto per errore dalla contraerea italiana sopra Tobruch.

Alpino nella grande guerra

Il Tenente Italo Balbo, Comandante del Reparto Arditi del Battaglione Pieve di Cadore, 7º Reggimento Alpini, ritratto a Dosso Casina, di ritorno da una pattuglia (alla sua destra Pietro Tassotti)

Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel maggio del 1915, si arruolò volontario, ma non prese mai parte alle prime azioni sul fronte e già nel novembre di quell’anno ritornò a Ferrara. Nella città estense ripensò alla necessità di ottenere il titolo di studio che ancora non aveva conseguito prima dell’arruolamento volontario. Intanto la situazione stava mutando e le grandi perdite dei primi mesi del conflitto stavano costringendo i comandi dell’esercito italiano a rivedere i requisiti necessari per accedere alla carriera di ufficiale. Nell’autunno del 1916 si ripresentò così davanti alla stessa commissione esaminatrice che già lo aveva bocciato una volta, fu ammesso con tutte le materie sufficienti e ottenne la possibilità di concorrere alla nomina a sottotenente.

A questo punto si arruolò nuovamente nell’esercito e nell’aprile del 1917 venne mandato in Carnia e in seguito prestò servizio nel battaglione Alpini “Val Fella”. Promosso tenente, il 16 ottobre 1917 lasciò il battaglione perché destinato, su sua domanda, al Deposito Aeronautico di Torino per un corso di pilotaggio, la sua vera grande passione. Pochi giorni dopo, a causa dell’offensiva austro-tedesca, fu costretto a ritornare al fronte, assegnato al battaglione Alpini “Monte Antelao”. Nel 1918, al comando del reparto d’assalto del battaglione Alpini “Pieve di Cadore”, partecipò all’offensiva sul monte Grappa che liberò la città di Feltre. Nel corso dell’ultima fase della guerra si guadagnò una medaglia di bronzo e due d’argento al valor militare, raggiungendo il grado di capitano.

Dopo l’armistizio Balbo rimase cinque mesi con il suo battaglione come commissario prefettizio di Pinzano al Tagliamento (provincia di Udine).

Venticinquenne, Balbo aderì al PNF. Essendo stato repubblicano, chiese al partito se potesse restarne ugualmente un iscritto, ma ricevuta una risposta negativa si accordò con i fascisti di Ferrara per uno stipendio mensile di 1.500 lire (pagato dai proprietari terrieri) e diventando segretario politico al posto di Gaggioli. Ottenne anche la promessa di un posto come ispettore di banca una volta conclusa la battaglia fascista. Il 13 febbraio 1921 quindi Balbo divenne segretario del Fascio di Ferrara ed uno degli esponenti di spicco, oltre che organizzatore e comandante dello squadrismo agrario, riuscendo ad avere ai suoi ordini tutte le squadre d’azione dell’Emilia-Romagna. In tal modo riuscì anche a mettere a frutto le sue esperienze di comando durante la prima guerra mondiale. In questa veste organizzò una squadra d’azione denominata “Celibano”. La sede era il Caffè Mozzi di Ferrara, soprannominato da Balbo e i suoi “sitùzz”, ovvero piccolo posto, posticino.

Il gruppo di Balbo, in parte finanziato dai proprietari terrieri locali, contrastava i disordini provocati durante il biennio rosso dagli scioperi e dal monopolio instaurato violentemente dalle leghe socialiste attraverso spedizioni punitive, motivate con le aggressioni ai camerati, che colpivano i social-comunisti e le cooperative contadine delle province di Ravenna, Modena, Bologna ma anche Rovigo, il Polesine, Firenze e Venezia. Le leghe socialiste, sostengono più fonti fra cui il Guerri, detenevano un enorme potere, che permetteva loro di emarginare coloro che non aderivano, dirottando solo verso i propri affiliati i finanziamenti pubblici e facendosi rimborsare dalla comunità le spese elettorali. Perennemente in camicia nera, Balbo era il massimo propagandista di questo emblema del fascismo, ottimo organizzatore, di grande fascino fisico, alto, magro e con i capelli neri divisi nel mezzo con due svolazzanti bande ai lati. Trattare alla pari con questori e prefetti a soli venticinque anni, avendone anche la meglio, lo rese ambizioso.

Conquistò con i suoi uomini il Castello Estense di Ferrara obbligando il prefetto a finanziare alcune misure contro la disoccupazione, ma l’apice dello squadrismo di Balbo venne raggiunto il 26 e 27 luglio 1922 con l’occupazione di Ravenna, usando a pretesto l’uccisione di un fascista: i disordini provocarono nove morti tra le camicie nere, a cui Balbo rispose incendiando l’Hotel Byron, sede delle cooperative socialiste, e imbastendo quella che Mussolini chiamò una «colonna di fuoco», cioè una colonna di autocarri, messi a disposizione dietro minaccia dalla questura, che il 29 luglio distrusse e incendiò numerose “case rosse” nelle province di Forlì e Ravenna. Compiaciuto e soddisfatto del comportamento tenuto dai suoi uomini, Balbo completò la smobilitazione di Ravenna il mattino seguente.

Nel tentativo di arginare le violenze squadriste, il Prefetto emanò un ordine con cui vietava il porto del manganello. Balbo, alcuni dicono su suggerimento della moglie, armò i suoi uomini di stoccafissi i quali, picchiati con energia sulla testa degli avversari, vi producevano gli stessi effetti; i “randelli” di fortuna facevano poi da piatto forte di grandi mangiate conviviali cui talvolta venivano invitate anche le stesse vittime.

Nell’agosto del 1922 avvennero i Fatti di Parma: dopo l’occupazione militare di gran parte della città dell’Emilia, conseguente al cosiddetto sciopero legalitario di inizio mese, circa diecimila uomini di fede fascista provenienti dalle province limitrofe tentarono la presa della città, in cui si trovavano asserragliati gli Arditi del Popolo e le formazioni di difesa proletaria. Il 5 agosto il governo proclamò lo stato d’assedio militare in diverse provincie del nord fra cui Parma. Il 6 agosto, Balbo, resosi conto dell’impossibilità di conquistare la città senza scontrarsi con l’esercito (su consiglio anche del capo della polizia locale, Lodomez.), s’impegnò a ritirarsi dalla città a partire dalle ore 12:00 del giorno stesso. Alla fine si contarono quattro morti a Sala Baganza (due nelle file fasciste e due tra gli abitanti) e cinque morti a Parma, tutti abitanti del quartiere Oltretorrente. I cinque caduti fra le file delle formazioni di difesa proletaria furono: Ulisse Corazza, consigliere comunale del Partito Popolare Italiano, Carluccio Mora, Giuseppe Mussini, Mario Tomba ed il giovanissimo Gino Gazzola

Balbo (a sinistra) a fianco di Benito Mussolini in una foto del 1923.

Quadrumviro

Balbo venne designato da Mussolini quadrumviro per prendere parte alla marcia su Roma, e lo incaricò di scegliere gli altri due (Michele Bianchi era già stato scelto dal Duce): Balbo sentì Cesare Maria De Vecchi, che accettò subito, mentre per l’ultimo quadrumviro pensò ad Attilio Teruzzi, poi scartato perché già vicesegretario del PNF, e al generale Asclepia Gandolfo, che declinò l’invito in quanto aveva la moglie molto malata, oltre a essere lui stesso in precarie condizioni fisiche. Balbo e Bianchi puntarono alla fine su Emilio De Bono, che accettò l’investitura. Prima di recarsi a Roma, il 28 ottobre Balbo si precipitò a Firenze per calmare lo squadrista Tullio Tamburini, che aveva deciso di assaltare il palazzo del governo dove si stava svolgendo una festa alla presenza del duca della Vittoria Armando Diaz: per non coinvolgere l’esercito nelle questioni fasciste, Balbo liberò gli ufficiali della scorta di Diaz presi prigionieri da Tamburini, e, stando al suo racconto, vietò «ai fascisti di assaltare la prefettura […] anzi […] che organizzino una grande manifestazione al Duca della Vittoria per le strade di Firenze dove passerà»[45]. A Roma guidò in particolare la spedizione punitiva contro il quartiere di San Lorenzo che aveva attaccato una colonna fascista. Alla fine della marcia, diversamente dagli altri quadrumviri, Balbo non venne ricompensato in alcun modo: secondo alcuni autori Mussolini già lo intravedeva come un possibile rivale e non volle valorizzarlo troppo.

Sempre nel 1922 iniziò a formare, in città, un gruppo ristretto di collaboratori fidati, tra i quali l’amico Renzo Ravenna. Questi venne candidato alle elezioni amministrative che si tennero alla fine di quello stesso anno, dove fu eletto assessore.

Al governo

Dall’11 gennaio 1923 Balbo fu membro del Gran consiglio del fascismo. Il 1º febbraio 1923 fu nominato comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (vice di De Bono).Voluta da Mussolini per normalizzare le squadre d’azione, il Duce pensò alla MVSN già prima della marcia su Roma, affidando a Balbo e ad Asclepia Gandolfo il compito di formare reparti, gradi e uniformi, sebbene non ci fu ancora una vera e propria militarizzazione del corpo.[48] Nel 1923 intanto Balbo fondò a Ferrara il Corriere Padano con i soldi ricevuti in dote dalla moglie Emanuela, affidato poi alla direzione di Nello Quilici.

In occasione della preparazione della Lista Nazionale per le elezioni del maggio 1924, con cui fu eletto deputato alla Camera, si scontrò con Olao Gaggioli, fondatore del Fascio di Ferrara e convinto che Balbo, iscritto soltanto dal 1921 e con lo stipendio fisso pagato dagli agrari, fosse un intruso.

Sempre nel 1924 venne accusato di essere il mandante dell’omicidio del parroco antifascista don Giovanni Minzoni ad Argenta, avvenuto per mano di due squadristi facenti capo alle sue milizie: il caso venne archiviato alcuni mesi dopo, per essere poi riaperto – sotto la pressione della stampa, a seguito del delitto Matteotti – nel 1925, risolvendosi con l’assoluzione di tutti gli imputati. Il 21 novembre 1924 però Balbo fu costretto a dimettersi dalla carica di comandante della Milizia a seguito delle documentate rivelazioni de La Voce Repubblicana circa ordini da lui impartiti di bastonature di antifascisti e pressioni sulla magistratura, perdendo la successiva causa per diffamazione da lui intentata al quotidiano. Balbo intanto, a Ferrara, continuò ad operare in modo da avere persone di sua fiducia e rappresentative nelle posizioni di potere. L’amico Ravenna, da sempre estraneo ad ogni atto di squadrismo, fortemente nazionalista, ebreo ma con una visione laica della sua fede fu invitato ad iscriversi al PNF, e successivamente, alla fine del 1924, nominato Segretario Federale Ferrarese del PNF.

Il 31 ottobre 1925 entrò nel governo Mussolini come sottosegretario all’economia nazionale, e con lui si trasferì a Roma anche Ravenna. Rimase in carica sino al 6 novembre 1926

 

Ministro dell’Aeronautica

In quella data infatti venne nominato sottosegretario di Stato al Ministero dell’Aeronautica, di cui lo stesso Mussolini era ministro ad interim, al posto del generale d’artiglieria Alberto Bonzani. Si apprestò ad organizzare la neocostituita Regia Aeronautica come forza armata autonoma, ancora ai primi passi, coi bilanci insufficienti, bisognosa di un ammodernamento e di un aumento di prestigio. Con la sua nomina Mussolini ottenne l’occasione per fare dell’aviazione un’arma anche propagandistica, assecondando chi nel PNF voleva alla guida dell’aeronautica un esponente del fascismo mettendo inoltre sotto il suo diretto controllo uno dei più autonomi ras federali.

Italo Balbo, al centro in divisa, nel 1930 assieme allo staff della crociera aerea transatlantica Italia-Brasile.

Balbo conseguì il brevetto da pilota nel 1927 e diede una sede stabile al ministero facendo costruire un nuovo palazzo con criteri architettonici razionalisti. Avviò la fondazione della città dell’aria a Guidonia con un moderno centro di ricerca aeronautica dove lavorarono Gaetano Arturo Crocco, Luigi Crocco, Antonio Ferri e Luigi Broglio. Inoltre fece nascere un centro studi per coordinare e promuovere lo sviluppo aeronautico, affidandone il comando ad Alessandro Guidoni. Balbo fece nascere anche il Reparto Sperimentale Alta Velocità, a Desenzano del Garda, dove prima sorgeva l’idroscalo privato di Gabriele D’Annunzio. Il direttore, tenente colonnello Mario Bernasconi, ebbe a disposizione ogni tipo di struttura e materiale per consegnare all’Italia l’ambita Coppa Schneider.

… data la vastità dell’argomento, si rimanda a fonti  Wikipedia

 

9.20

Informazioni aggiuntive

Peso,2 kg
Dimensioni40 × 40 × 40 cm

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