Description
Berretto a busta per uniforme di Campagna della PAI , Polizia Africa Italiana, colore grigio-cachi. Modello 34. Per truppa, fregio in metallo bronzato, aquila ad ali aperte con scudo sabaudo in petto, e nodo savoia tra gli artigli. Il fregio è fermato alla visiera del berretto tramite due spine filettate, con relativi dadi esagonali di bloccaggio. I peculiari paraorecchie del berretto sono provvisti dei bottoncini originali, e delle rispettive asole di passaggio. L’interno della bustina è rivestito con una tela grezza, e l’alluda parasudore in cuoio è integra e morbida al tempo stesso.
In condizioni assolutamente perfette, questo berretto a busta della PAI ha solo alcune macchioline alla fodera in tela, dovute al tempo, che non inficiano all’integrità del berretto. Come ben evidenziato dalle foto.
Etichetta interna della taglia , misura 59, applicata d’origine ed ancora ben salda all’alluda.
MATERIALE : berretto in stoffa
MISURE : taglia 59
PRODUTTORE : –
NOTIZIE
Polizia dell’Africa Italiana
La costituzione
Venne istituita nel 1936 con la denominazione di Corpo di Polizia Coloniale, a seguito di una riorganizzazione dei reparti di pubblica sicurezza operanti nel territorio della Libia, a presidio del governatorato italiano in Etiopia e delle colonie dell’AOI (Africa Orientale Italiana). Il nuovo corpo era alle dirette dipendenze del Ministero delle Colonie, poi rinominato in Ministero dell’Africa Italiana (allora retto da Alessandro Lessona), ed era questo il primo caso in Italia di una forza armata dipendente da un ministero civile.
Con il regio decreto 10 giugno 1937, n. 1211, fu emanato il suo regolamento organico, per il quale era un corpo civile militarmente organizzato e facente parte delle forze armate dello stato, con funzioni di polizia politica, polizia giudiziaria, polizia amministrativa.
Nel neonato Corpo della polizia coloniale fu organizzato dal tenente Bruno De Martinez La Restia Statella (1911 – 1996) anche uno squadrone dei “Lancieri della guardia” della scorta del governatore della Somalia Francesco Saverio Caroselli: furono arruolati agenti italiani (un maresciallo e dieci guardie della PAI) e lancieri somali, rivolgendosi ai giovani esponenti delle cabile, i clan somali. Le uniformi dei lancieri erano in “azzurro sabaudo” e la compagnia venne chiamata “Squadrone dei Lancieri azzurri” della Guardia Vicereale.
La carica di Tulludintù
La prima azione bellica della PAI avvenne con una Banda a cavallo “Auasc”, una unità della PAI formata da cavalieri eritrei e impegnata nella lotta alla guerriglia nella centrale regione dello Scioa. Era formata dal sottotenente Bruno De Martinez La Restia, il maresciallo Giovanni Contu, il maniscalco caporalmaggiore Gustavo Gavin e 137 ascari eritrei. Ebbero uno scontro con i ribelli abissini il 20 luglio 1939 presso il villaggio di Tulludintù, abbattendo la resistenza avversaria e inseguendo i superstiti; De Martinez venne decorato con la medaglia d’argento al valor militare, mentre la sua unità ricevette il diritto di portare il gagliardetto “Auasc”.
La seconda guerra mondiale
Armistizio e scioglimento
Da sinistra: i generali della Polizia dell’Africa italiana Umberto Presti e Riccardo Maraffa, il comandante delle SS a Roma Herbert Kappler e un ufficiale dell’Ordnungspolizei nel 1943
Dopo l’armistizio di Cassibile, la sera dell’8 settembre 1943 la PAI partecipò alla difesa di Roma ingaggiando il primo conflitto con i tedeschi a Mezzocammino, località nei pressi di Castelfusano, insieme con truppe dei Carabinieri, in ausilio a un presidio di Granatieri di Sardegna. Dall’altra parte di Roma, contemporaneamente, alcune truppe proteggevano nella fuga lungo la via Tiburtina il re e il primo ministro Badoglio, e terminata questa scorta si radunarono in direzione della Laurentina. Il 9 settembre la PAI, insieme con Bersaglieri e allievi carabinieri, ottenne qualche risultato alla Magliana, costringendo forze tedesche a retrocedere temporaneamente, ma dopo poche ore dovettero ripiegare in direzione del Forte Ostiense, poi sanguinosamente espugnato dai tedeschi che giunsero sino alla Montagnola, caposaldo del 1º Granatieri.
Il fondatore della PAI e primo comandante, generale Riccardo Maraffa, come il capo della Polizia Carmine Senise, fu catturato dai nazisti e deportato al campo di concentramento di Dachau, ove morì. A Maraffa successe il generale Quirino Armellini.
Nella Repubblica Sociale Italiana, a Roma operò al comando del generale Umberto Presti. Nei territori settentrionali vi fu un tentativo di riorganizzazione con l’apertura della scuola di Busto Arsizio nell’autunno del 1943, ma nel marzo 1944 fu assorbita dal Corpo di Polizia Repubblicana e poi dalla Guardia Nazionale Repubblicana.
Nell’Italia meridionale, sotto l’autorità del Regno del Sud, la Polizia dell’Africa Italiana convisse accanto alle altre forze di polizia operanti, sino al suo scioglimento il 9 marzo 1945. Il personale del corpo fu trasferito nei ruoli dell’amministrazione della pubblica sicurezza.
Organizzazione
La forza si componeva di ufficiali, sottufficiali e agenti italiani e áscari di polizia arruolati in loco, inquadrati in sette battaglioni, intitolati ai grandi esploratori italiani dell’Africa: “Cecchi”, “Duca degli Abruzzi”, “Giulietti”, “Ruspoli”, “Casati”, “Bottego” e “Gessi”. Furono istituiti due Ispettorati generali, uno a Tripoli e uno ad Addis Abeba mentre sul territorio africano il Corpo si articolava su questure delle città più grandi come Tripoli, Bengasi, Asmara, Addis Abeba, Mogadiscio, Gondar, o accasermata in piccoli commissariati e stazioni. La scuola di addestramento aveva sede a Tivoli. Erano previsti inoltre cinque “Reparti Speciali”, che secondo il Regolamento sulle uniformi del Corpo della Polizia dell’Africa Italiana del 1938 erano contrassegnati da altrettanti distintivi metallici stampati in lamierino di ottone dorato e verniciati di azzurro, identici per Ufficiali e truppa nazionale.
Le cosiddette specialità erano:
- Squadrone Vicereale
- Bande di Polizia
- Polizia Portuaria
- Polizia Stradale
- Corpo Musicale
Comandanti
- generale Riccardo Maraffa (giugno 1937 – luglio 1943)
- generale Quirino Armellini (luglio – settembre 1943)
- maggior generale Umberto Presti (settembre 1943-marzo 1944)
Uniformi
L’uniforme del personale nazionale dalla PAI era cachi (invernale) o bianca (estiva), con fascetti littori sul bavero della giubba e cordelline azzurro Savoia. Sulla bustina (come questo Berretto a Busta della PAI in vendita) o sul casco coloniale portavano il fregio del Corpo, un’aquila ad ali spiegate, con scudo Savoia sul petto e nodo Savoia tra gli artigli (che troviamo anche su questo berretto a busta della PAI) L’uniforme degli ascari di Polizia si distingueva per la fascia distintivo e il fiocco di tachia e tarbush color azzurro Savoia; per il colletto dell’uniforme dello stesso colore, sul quale, in luogo dei fascetti littori del personale nazionale, gli ascari di Polizia portavano ricamati dei nodi savoia dorati; anche il triangolo di supporto dei gradi era azzurro Savoia e portava anche lo scudetto di specialità (Squadrone Vicereale, Bande di Polizia, Polizia Portuaria, Stradale, Corpo Musicale); sulla tachia libica e sul tarbush dell’AOI portavano la coccarda tricolore con il fregio della PAI (aquila coronata appollaiata su un nodo Savoia) e, per i reparti a cavallo, la penna di falco. Lo stesso fregio era riportato su panno azzurro sul turbante dei reparti somali cammellati.
L’equipaggiamento era costituito dal moschetto Carcano Mod. 91, dalla pistola semiautomatica Beretta Mod. 34 e dal billao PAI.
L’uniforme dei “Lancieri Azzurri” dello Squadrone Vicereale era caratterizzata da tarbush azzurro Savoia con penna nera, fasciato da un turbante di seta blu anch’essa, blu anche i polsini e la farmula.
Fonti Wikipedia
4.20
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