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❌🙁Membro Fasci e Corporazioni PNF – Berretto da Gerarca

1,00

Berretto a visiera da consigliere della Camera dei Fasci e Corporazioni , organo del Partito Nazionale Fascista , in tela sartoriale nera, con aquila ricamata in canutiglia dorata.

In ottime condizioni, taglia circa 58.

(Scorri la pagina in basso per ulteriori dettagli e informazioni)

Esaurito

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Descrizione

Berretto da membro consigliere della Camera dei Fasci e Corporazioni , organo del Partito Nazionale Fascista , PNF , alto incarico politico per gerarca , in quella che era l’attuale Camera dei Deputati. Periodo 1938 – 1942. Berretto in stoffa sartoriale nera , con visiera nera,  fregio regolamentare a raffigurare un’ aquila ricamata in canutiglia dorata , ad ali aperte, poggiante su fascio littorio longitudinale alla base , con scure “bilama” in posizione centrale rivolta in basso, tutto su sottopanno di colore nero; misure del fregio circa mm.74 x 56 .

Sul tamburo di questo berretto da membro dei Fasci e Corporazioni del PNF, è montata una fascia in cotone nero, ricamata in maniera alternata con uno e due fasci littori incorniciati in un serto di alloro; la fascia è profilata da due galloncini dorati. Il piatto del berretto è profilato con un galloncino dorato. Completa il berretto la presenza di due bottoncini in metallo dorato con fascio littorio in rilievo, ed il soggolo in cotone e canutiglia dorata screziata di nero.

All’interno troviamo il marchio del fabbricante, FEDERIGI di Genova distribuito dal fornitore DI BENEDETTO di Novara, protetto da un rombo in celluloide.

In condizioni ottime, non vi sono danni o difetti notevoli da segnalare.

 

MATERIALE       :  berretto in stoffa con visiera rigida

MISURE             :  taglia circa 58

PRODUTTORE   :  Federigi, Genova

 

 

NOTIZIE

 

Fondazione del Partito Nazionale Fascista

Il PNF fu fondato a Roma il 9 novembre 1921 per iniziativa di Benito Mussolini come evoluzione in partito del movimento dei Fasci Italiani di Combattimento – fondati, sempre da Mussolini, a Milano, in piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919. Come movimento giovanile si dotò nel 1921 dell’Avanguardia Giovanile Fascista. Rispetto ai Fasci, il PNF abbandonò, via via che si consolidava al potere, gli ideali socialisteggianti e repubblicani per virare decisamente verso la destra dello scacchiere politico italiano.

La conquista del potere

Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, Mussolini, che era stato eletto parlamentare l’anno precedente insieme ad altri esponenti fascisti, fu incaricato dal re Vittorio Emanuele III di formare un nuovo governo sostenuto da una maggioranza composta anche dal Partito Popolare Italiano e da altri gruppi di estrazione liberale. Il 15 dicembre 1922 fu costituito il Gran Consiglio del Fascismo, organo supremo del Partito Nazionale Fascista, che tenne la sua prima seduta il 12 gennaio 1923.

Il regime

Alle elezioni politiche dell’aprile 1924, grazie alle violenze squadriste e all’impiego di “liste civetta”, volte a drenare ulteriori voti, il PNF ottenne una netta maggioranza: tali risultati furono però duramente contestati dalle opposizioni, che denunciarono numerose irregolarità. In tale quadro, il deputato Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato brogli in parlamento, venne ucciso da estremisti fascisti. La vicenda ebbe seguito il 3 gennaio 1925, quando Mussolini, con un discorso alla Camera dei deputati, dichiarò provocatoriamente di assumersi la responsabilità storica di quanto accaduto, promettendo di chiarire la situazione nei giorni immediatamente seguenti. In sede giudiziaria, sia all’epoca dei fatti, sia nel secondo dopoguerra, non fu mai provato alcun coinvolgimento diretto del Duce o di altri gerarchi nell’organizzazione del delitto: tesi sostenuta anche da alcuni storici, come Indro Montanelli, per i quali le responsabilità di Mussolini furono solo di natura morale. La crisi seguita all’omicidio di Matteotti, che era parsa, in un primo tempo, far vacillare la presa di Mussolini e del fascismo, fu invece abilmente sfruttata dal duce per avviare la dittatura.

Il PNF fu l’unico partito ammesso in Italia dal 1926 al 1943, dopo l’emanazione delle cosiddette leggi fascistissime e dotandosi di un proprio statuto. Il Gran Consiglio del Fascismo divenne organo costituzionale del Regno: “organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione dell’ottobre 1922”. Il Gran Consiglio deliberava sulla lista dei deputati da sottoporre al corpo elettorale (poi sostituiti dai consiglieri nazionali della Camera dei Fasci e delle Corporazioni); sugli statuti, gli ordinamenti e le direttive politiche del Partito Nazionale Fascista; sulla nomina e la revoca del Segretario, del Vice segretario, del Segretario amministrativo e dei membri del Direttorio nazionale del PNF, delle cariche da gerarca più in alto insomma.  Le iscrizioni al Partito aumentarono a dismisura quando, il 29 marzo 1928, si decise che gli iscritti al PNF avrebbero avuto la precedenza nelle liste di collocamento (più antica era l’affiliazione, più si “scalavano” le graduatorie).

Quasi due anni esatti dopo, il 28 marzo 1930, si decretò che per poter svolgere gli incarichi scolastici di alto livello (presidi e rettori) bisognava essere tesserati almeno da cinque anni. Il 3 marzo del 1931 le iscrizioni furono sospese per circa un anno; questo dato fa intuire che molte furono le adesioni al Partito Fascista dettate esclusivamente da interesse: contro di esse si mosse il segretario Giovanni Giuriati, attivista anti-corruzione che, forse proprio per questa spinta “moralizzatrice”, venne destituito dal Duce dopo pochi mesi. Un ruolo educativo fu proprio dall’Istituto Fascista di Cultura, attualmente Università Popolare degli studi di Milano, che fu convertita da Università Popolare di Milano a Scuola Fascista, che durante tutto il periodo diede formazione e cultura fascista.

Nel 1930 furono creati i Fasci giovanili di combattimento. Gli anni Trenta furono caratterizzati dalla segreteria di Achille Starace, “fedelissimo” di Mussolini e uno dei pochi gerarchi fascisti provenienti dal sud Italia, che lanciò una campagna di fascistizzazione del paese fatta di cerimonie oceaniche e creazione di organizzazioni volte a inquadrare il paese e il cittadino in ogni sua manifestazione (sia pubblica sia privata). Al fine di irregimentare anche i movimenti giovanili Starace portò sotto il controllo diretto del PNF sia l’Opera Nazionale Balilla (ONB) sia i Fasci Giovanili che furono sciolti e fatti confluire nella nuova Gioventù Italiana del Littorio (GIL).

Il 27 maggio 1933 l’iscrizione al PNF è dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici; il 9 marzo 1937 diventa obbligatoria se si vuole accedere a un qualunque incarico pubblico e dal 3 giugno 1938 non si può lavorare se non si ha la tanto conclamata tessera: è chiaro quindi che gli iscritti si contino a milioni ma che tra questi i “tiepidi” e i “freddi” verso il regime siano moltissimi. Nel 1939 Ettore Muti avvicenda Starace alla guida del partito e tale fatto testimonia l’aumento dell’influenza di Galeazzo Ciano.

A partire dal 1937 il segretario nazionale del PNF assurse a rango di ministro di Stato. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Mussolini tenta di militarizzare il partito ordinando il giorno di Capodanno del 1941 la mobilitazione generale di tutti i quadri del PNF, dal segretario al vice fino all’ultimo del gerarca. Nel periodo in cui le operazioni belliche volgono verso il peggio, in molti perdono la fiducia verso il regime fascista: anche nell’organo politico principale monta una critica, seppur latente e oscura, a cui il Duce tenta di dare una spallata nominando il ventisettenne Aldo Vidussoni segretario del PNF (26 dicembre 1941).

La mossa, dettata dal fatto che i giovani sono rimasti i più accesi sostenitori del governo, si rivela catastrofica e il 19 aprile 1943 il giovane friulano viene sostituito da Carlo Scorza.

Scioglimento

Il 27 luglio 1943, in seguito alla votazione dell’ordine del giorno Grandi (25 luglio), Mussolini venne arrestato dai Reali Carabinieri, decretando di fatto la fine del regime fascista. Lo scioglimento del PNF da parte del nuovo governo di Pietro Badoglio avvenne il 2 agosto 1943 con il regio decreto n.704, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del Regno il 5 agosto successivo.

Liberato dai tedeschi il 10 settembre, Mussolini costituì il 13 settembre il nuovo Partito Fascista Repubblicano (PFR) e costituì la Repubblica Sociale Italiana (RSI), nella parte d’Italia occupata dai tedeschi. Segretario del PFR fu nominato il 15 settembre Alessandro Pavolini. A Milano era già stato ricostituito il 13 settembre da Aldo Resega, che ne fu anche il primo commissario federale. Il PFR cessò la sua esistenza con la morte di Mussolini e con la fine della RSI, il 28 aprile del 1945.

 

Camera dei fasci e delle corporazioni

 

La Camera dei fasci e delle corporazioni fu un organo legislativo del Regno d’Italia che sostituì la Camera dei deputati dal 1939 al 1943, nella XXX legislatura, durante il periodo fascista.

La Camera dei fasci e delle corporazioni fu istituita con legge 19 gennaio 1939, n. 129 (essendo lo Statuto albertino una costituzione flessibile era sufficiente una legge ordinaria per modificarlo) e tenne la sua seduta inaugurale il 23 marzo dello stesso anno. Fu sciolta, ma non soppressa, subito dopo la caduta del regime fascista, dal regio decreto legge 2 agosto 1943, n. 705, entrato in vigore il giorno 5 dello stesso mese, il quale stabiliva inoltre che entro quattro mesi dalla fine della guerra si sarebbero dovute svolgere le elezioni per la nuova Camera dei deputati. Tale decreto fu definitivamente ratificato solo con la legge 5 maggio 1949, n. 178, a Costituzione già approvata e in vigore e pertanto senza alcuna efficacia. La legge istitutiva del 1939 (anch’essa ormai priva di efficacia a seguito dell’avvento della Repubblica) è stata formalmente abrogata il 16 dicembre 2009, con l’entrata in vigore di alcune disposizioni in materia di semplificazione normativa contenute nel decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9.

La Repubblica Sociale Italiana stabilì a Venezia la sede della propria Camera dei fasci e delle corporazioni che, tuttavia, non entrò mai in funzione.

Struttura

I membri della Camera dei fasci e delle corporazioni del PNF, non più denominati deputati ma membro consigliere nazionale, carica da gerarca, erano in numero non limitato (nel 1939 erano 681). Non erano eletti tramite elezioni, ma ne facevano parte di diritto in quanto componenti:

  • del Consiglio Nazionale del Partito Nazionale Fascista, organo composto dai massimi gerarchi del partito e dai dirigenti delle associazioni collegate, ovvero:
    • segretario, componenti del direttorio nazionale, ispettori e segretari federali del Partito Nazionale Fascista;
    • segretario, vicesegretario e due ispettori dei fasci italiani all’estero;
    • presidente dell’associazione fascista famiglie caduti, mutilati e feriti per la rivoluzione;
    • fiduciari nazionali delle associazioni fasciste della scuola, del pubblico impiego, dei ferrovieri dello stato, dei postelegrafonici e degli addetti alle aziende industriali dello Stato;
    • presidenti dell’Istituto nazionale di cultura fascista, dell’Opera nazionale del dopolavoro, del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra, dell’Associazione nazionale combattenti e reduci, delle Confederazioni fasciste dei datori di lavoro e dei lavoratori e della Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti;
    • segretario del Partito Fascista Albanese;
  • del Consiglio nazionale delle corporazioni, organo presieduto dal capo del governo e composto da oltre cinquecento membri in rappresentanza delle organizzazioni sindacali fasciste e soprattutto imprenditoriali, dei ministeri economici e sociali, del Partito Nazionale Fascista e delle grandi opere nazionali.

Secondo l’art. 9 della legge 19 gennaio 1939 n. 129, non poteva diventare membro della Camera dei fasci e delle corporazioni del PNF coloro che erano senatori del Regno o accademici d’Italia.

Non era previsto un rinnovo periodico della Camera dei fasci e delle corporazioni, in quanto il mandato dei consiglieri nazionali terminava quando essi cessavano di appartenere ai suddetti organi. Tuttavia i lavori della Camera, così come quelli del Senato, continuavano ad essere suddivisi in legislature (ve ne fu, per ovvi motivi, una sola): la fine di ciascuna legislatura era stabilita con decreto reale, su proposta del Capo del governo primo ministro segretario di Stato (il decreto fissava anche la data di convocazione delle due camere in seduta comune, per ascoltare il discorso della corona col quale si apriva la nuova legislatura).

Il presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni e i vicepresidenti erano nominati con decreto reale. Il primo presidente fu Costanzo Ciano (dal 23 marzo alla sua morte, avvenuta il 26 giugno 1939) al quale succedette Dino Grandi (dal 30 novembre 1939 al 4 agosto 1943) che restò, insolitamente, per un periodo anche ministro della giustizia. Sciolta la Camera dei fasci e delle corporazioni, il governo affidò temporaneamente a Vittorio Emanuele Orlando le funzioni amministrative spettanti al suo presidente.

Funzioni

Vittorio Emanuele III inaugura la Camera dei fasci e delle corporazioni

 

La Camera dei fasci e delle corporazioni condivideva il potere legislativo con il governo e il Senato del Regno (non toccato dalla riforma del 1939, ma fascistizzato con la nomina di ben 211 nuovi senatori). Tuttavia il suo ruolo, così come quello del Senato, era complementare; infatti l’art. 2 della legge istitutiva recitava: “Il Senato del Regno e la Camera dei fasci e delle corporazioni collaborano col governo alla formazione delle leggi”.

La Camera dei fasci e delle corporazioni (così come il Senato) discuteva e approvava in assemblea plenaria, su relazione delle commissioni competenti, i soli disegni di legge indicati nella legge istitutiva (quelli di carattere costituzionale, le deleghe legislative di carattere generale, i progetti di bilancio ed i rendiconti consuntivi dello stato, ecc.). Tutti gli altri disegni di legge erano esaminati e definitivamente approvati dalle commissioni, salvo che il governo o la stessa camera, autorizzata dal Capo del governo primo ministro segretario di Stato, avessero chiesto la discussione e il voto in assemblea plenaria. Il Capo del governo primo ministro segretario di Stato poteva inoltre stabilire che, per ragioni di urgenza, venissero approvati in commissione anche i disegni di legge per i quali era ordinariamente prevista la competenza dell’assemblea plenaria. La procedura di approvazione delle leggi in commissione è stata ripresa dalla Costituzione repubblicana e, in seguito, dalla Costituzione spagnola del 1978, nonché da alcuni statuti regionali (come quello del Piemonte).

 

Fonti Wikipedia

 

10.20

Informazioni aggiuntive

Peso3 kg
Dimensioni35 × 35 × 35 cm

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