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❌🙁Fregio Fascista 1919 1922 marcia su Roma – Stoffa

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Fregio/Patch in stoffa dei FASCI DI COMBATTIMENTO del periodo 1919 – 1921 o del PNF  appena costituito, antecedente alla Marcia su Roma del 28 Ottobre 1922, da portarsi cucito al petto della camicia nera o sulle fiamme/labari per i raduni di partito e di organizzazioni fasciste.

Il fascio è in filo di seta marrone con dettagli gialli, ed impreziosito dalla scure realizzata in canutiglia argentata. Anche il perimetro dell’ovale è impreziosito da un filo di canutiglia dorato.

Misure approssimative cm.10 x 8. In ottime condizioni.

(Scorri la pagina in basso per ulteriori dettagli e informazioni)

 

 

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Descrizione

Fregio in stoffa con fascio primigenio, dei FASCI DI COMBATTIMENTO del periodo 1919 – 1921 o del PNF , Partito Nazionale Fascista appena costituito, antecedente alla Marcia su Roma del 28 Ottobre 1922.

Prodotto in stoffa, su una base ovale a bande verticali del tricolore italiano ( Verde Bianco e Rosso ) con il fregio centrale a rappresentare un fascio littorio di primo tipo (con scure in testa) in uso dal 1919 ed utilizzato ancora durante la fascista marcia su Roma nel 1922 e fino alla prima modifica entrata in vigore nel 1927. Il fascio è in filo di seta marrone con dettagli gialli, ed impreziosito dalla scure realizzata in canutiglia argentata. Anche il perimetro dell’ovale è impreziosito da un filo di canutiglia dorato.

Fregio che veniva cucito al petto delle camicie nere, oppure anche usato su fiamme e labari che si portavano durante i raduni ed altre manifestazioni.

 

MATERIALE     :  Stoffa policroma, inserti in canutiglia argentata e dorata

MISURE             :  cm. 10 x 8

MARCHIO         :  –

 

NOTIZIE

Fasci italiani di combattimento è il nome del movimento politico fondato a Milano da Benito Mussolini il 23 marzo 1919, erede diretto del Fascio d’azione rivoluzionaria del 1915. Il 9 novembre 1921 si trasformò in Partito Nazionale Fascista.

Il “programma di San Sepolcro”

Il 23 marzo 1919 nella sala riunioni Circolo dell’alleanza industriale, in piazza San Sepolcro a Milano, furono ufficialmente fondati i Fasci italiani di combattimento. Tra i fondatori  troviamo persone di diversa estrazione sociale ed orientamento politico a riflesso di un certo eclettismo ideologico di questa fase originaria; tra i primi aderenti ci furono anche cinque ebrei.

Benito Mussolini prevedeva l’attuazione di uno specifico Programma di San Sepolcro (dal nome della piazza in cui fu proclamato). I primi appartenenti ai Fasci si chiamarono appunto sansepolcristi, fregiati di una fascia giallorossa (i colori di Roma). Gli squadristi semplici invece erano riconoscibili da una striscia rossa al polso della camicia nera.

I locali della prima sede a Milano furono affittati dall’Associazione lombarda degli industriali presieduta da Cesare Goldmann, un industriale e massone di origine ebraica a cui venne pagato regolare affitto. La sede era caratterizzata da simboli degli arditi che sarebbero divenuti comuni nell’iconografia fascista, quali il pugnale, il gagliardetto degli arditi e il teschio. Il simbolo dell’organizzazione era il fascio littorio, che si rifaceva alla storia romana così come molti altri simboli del regime.

In breve tempo per tutto il mese di aprile in diverse città aprirono diverse sezioni, anche se le adesioni non furono massicce. Accanto ai Fasci di combattimento sorsero affiancate numerose associazioni con lo scopo di reagire ai tentativi insurrezionali del Partito Socialista Italiano Queste ultime erano costituite principalmente da leghe di reduci e associazioni patriottiche e studentesche.

Manifesto programmatico

Manifesto dei Fasci italiani di combattimento pubblicato su Il Popolo d’Italia

Il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento, alla cui stesura aveva collaborato attivamente Alceste De Ambris, fu ufficialmente pubblicato su Il Popolo d’Italia il 6 giugno 1919. Nel manifesto vengono avanzate numerose proposte di riforma politica e sociale per far «fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra», rappresentando la terza via tra i due opposti poli e sviluppandosi nell’ambito delle teorie moderniste sull’uomo nuovo. Solo parte di queste vennero realizzate durante il periodo del regime fascista (1922–1943). Pur riprese successivamente durante la Repubblica Sociale Italiana come la socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione, rimasero sostanzialmente inapplicate a causa degli eventi bellici.

I Fasci italiani di combattimento riunirono cittadini italiani accomunati dallo scopo di fermare l’attività bolscevica. La maggior parte dei partecipanti della prima ora furono reduci interventisti della prima guerra mondiale. Molti di loro avevano precedentemente militato in formazioni di sinistra (anarchici, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari e socialisti).

Il biennio rosso e prime elezioni

Al tempo dell’impresa di Fiume, quando nella città giuliana occupata da Gabriele D’Annunzio cominciarono a mancare gli approvvigionamenti, i Fasci italiani di combattimento, supportati anche da organizzazioni femminili patriottiche, si occuparono di sfollare verso città del nord circa quattromila bambini. A Milano i primi elementi fascisti dei neocostituiti Fasci italiani di combattimento il 15 aprile 1919, facendosi notare per la prima volta a livello nazionale, presero parte all’assalto alla sede del quotidiano socialista Avanti! dopo una giornata di scontri tra manifestanti socialisti e contromanifestanti del Partito Nazionalista, futuristi e arditi. Nel novembre 1919 si presentarono alle elezioni politiche nel collegio di Milano con capilista Mussolini, Arturo Toscanini e Filippo Tommaso Marinetti, ma non ebbero alcun eletto.

Giovanni Giolitti, come aveva fatto nei suoi due precedenti governi, decise di non reprimere le rivolte, ma cercò di servirsi dei Fasci di combattimento dando loro piena libertà di azione per riportare alla calma la situazione italiana (questo incoraggiamento sarebbe poi stato determinante per l’ascesa in Italia di Mussolini e del fascismo).

Alle elezioni politiche del maggio 1921 esponenti fascisti si candidarono nelle liste dei Blocchi Nazionali eleggendo 35 deputati, tra cui lo stesso Mussolini, mentre due furono eletti in liste dei Fasci italiani di combattimento.

Lo scioglimento nel PNF

Al terzo congresso di Roma nel novembre 1921 fu deciso lo scioglimento del movimento che contava già 312 000 iscritti e fu creato il Partito Nazionale Fascista. La denominazione rimase tuttavia ad indicare le strutture territoriali locali del nuovo partito, tra cui la Federazione dei Fasci di Combattimento a livello provinciale (sempre con il tipo di fregio fascista del periodo 1919 1922)

 

Partito Nazionale Fascista

Il Partito Nazionale Fascista (P.N.F.) è stato un partito politico italiano, espressione del movimento fascista.

Nato nel 1921 dalla trasformazione in partito del movimento Fasci italiani di combattimento, guidò la cosiddetta marcia su Roma che nell’autunno del 1922 portò Benito Mussolini a divenire presidente del Consiglio dei ministri (ancora il fregio fascista era del periodo 1919 1922)

Nel 1923 si fuse con l’Associazione Nazionalista Italiana e tra la metà e la fine degli anni 1920 diventò, prima de facto e poi de iure, il partito unico del Regno d’Italia fino alla caduta del regime fascista, avvenuta il 25 luglio del 1943.

L’organo ufficiale del partito era Il Popolo d’Italia, quotidiano fondato da Mussolini nel 1914. L’inno era Giovinezza, nella versione di Salvator Gotta del 1925, qualificato come Inno trionfale del Partito Nazionale Fascista. La legge 20 giugno 1952, n. 645 (detta «legge Scelba»), in attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana, ne vieta la ricostituzione

Il PNF fu dunque fondato a Roma il 9 novembre 1921 per iniziativa di Benito Mussolini come evoluzione in partito del movimento dei Fasci Italiani di Combattimento – fondati, sempre da Mussolini, a Milano, in piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919 (dal simbolo del fregio fascista del 1919 1922). Come movimento giovanile si dotò nel 1921 dell’Avanguardia Giovanile Fascista. Rispetto ai Fasci, il PNF abbandonò, via via che si consolidava al potere, gli ideali socialisteggianti e repubblicani per virare decisamente verso la destra dello scacchiere politico italiano.

Conquista del potere

Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, Mussolini, che era stato eletto parlamentare l’anno precedente insieme ad altri esponenti fascisti, fu incaricato dal re Vittorio Emanuele III di formare un nuovo governo sostenuto da una maggioranza composta anche dal Partito Popolare Italiano e da altri gruppi di estrazione liberale. Il 15 dicembre 1922 fu costituito il Gran Consiglio del Fascismo, organo supremo del Partito Nazionale Fascista, che tenne la sua prima seduta il 12 gennaio 1923.

Regime

Alle elezioni politiche dell’aprile 1924, il PNF si presentò con la Lista Nazionale, in cui erano inseriti diversi esponenti della destra liberale. Ci furono violenze squadriste e fu impiegata in alcune regioni una “lista civetta”, la Lista Nazionale bis, volta a drenare ulteriori voti. Il “Listone” ottenne una netta maggioranza con il 65,2% dei voti e 376 deputati (di cui 275 del PNF). Tali risultati furono però duramente contestati dalle opposizioni, che denunciarono numerose irregolarità. In tale quadro, il deputato Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato brogli in parlamento, venne ucciso da estremisti fascisti. La vicenda ebbe seguito il 3 gennaio 1925, quando Mussolini, con un discorso alla Camera dei deputati, dichiarò provocatoriamente di assumersi la responsabilità storica di quanto accaduto, promettendo di chiarire la situazione nei giorni immediatamente seguenti. In sede giudiziaria, sia all’epoca dei fatti, sia nel secondo dopoguerra, non fu mai provato alcun coinvolgimento diretto del Duce o di altri gerarchi nell’organizzazione del delitto: tesi sostenuta anche da alcuni storici e dal giornalista Indro Montanelli, per i quali le responsabilità di Mussolini furono solo di natura morale. La crisi seguita all’omicidio di Matteotti, che era parsa far vacillare la presa di Mussolini e del fascismo, fu invece abilmente sfruttata dal duce per avviare la dittatura.

Dopo l’emanazione nel 1926 delle cosiddette leggi fascistissime il PNF fu l’unico partito ammesso in Italia fino al 25 luglio 1943, e dotandosi di un proprio statuto. Il Gran Consiglio del Fascismo divenne organo costituzionale del Regno: “organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione dell’ottobre 1922”. Il Gran Consiglio deliberava sulla lista dei deputati da sottoporre al corpo elettorale (poi sostituiti dai consiglieri nazionali della Camera dei Fasci e delle Corporazioni); sugli statuti, gli ordinamenti e le direttive politiche del Partito Nazionale Fascista; sulla nomina e la revoca del Segretario, dei Vicesegretari, del Segretario amministrativo e dei membri del Direttorio nazionale del Partito Nazionale Fascista. Le iscrizioni al Partito aumentarono a dismisura quando, il 29 marzo 1928, si decise che gli iscritti al PNF avrebbero avuto la precedenza nelle liste di collocamento (più antica era l’affiliazione, più si “scalavano” le graduatorie). (Intanto nel 1927 il fregio fascista cambia e non era più quello del 1919 1922)

Quasi due anni esatti dopo, il 28 marzo 1930, si decretò che per poter svolgere gli incarichi scolastici di alto livello (presidi e rettori) bisognava essere tesserati almeno da cinque anni. Il 3 marzo del 1931 le iscrizioni furono sospese per circa un anno; questo dato fa intuire che molte furono le adesioni al Partito Fascista dettate esclusivamente da interesse: contro di esse si mosse il segretario Giovanni Giuriati, attivista anti-corruzione che, forse proprio per questa spinta “moralizzatrice”, venne destituito dal Duce dopo pochi mesi. Un ruolo educativo fu proprio dall’Istituto Fascista di Cultura, attualmente Università Popolare degli studi di Milano, che fu convertita da Università Popolare di Milano a Scuola Fascista, che durante tutto il periodo diede formazione e cultura fascista.

Nel 1930 furono creati i Fasci giovanili di combattimento (vedi questo distintivo dei Fasci Giovanili di Combattimento). Gli anni Trenta furono caratterizzati dalla segreteria di Achille Starace, “fedelissimo” di Mussolini e uno dei pochi gerarchi fascisti provenienti dal sud Italia, che lanciò una campagna di fascistizzazione del paese fatta di cerimonie oceaniche e creazione di organizzazioni volte a inquadrare il paese e il cittadino in ogni sua manifestazione (sia pubblica sia privata). Al fine di irregimentare anche i movimenti giovanili Starace portò sotto il controllo diretto del PNF sia l’Opera Nazionale Balilla (ONB) sia i Fasci Giovanili che furono sciolti e fatti confluire nella nuova Gioventù Italiana del Littorio (GIL dal quale prosegue il simbolo del distintivo dei Fasci Giovanili di Combattimento).

Il 27 maggio 1933 l’iscrizione al PNF è dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici; il 9 marzo 1937 diventa obbligatoria se si vuole accedere a un qualunque incarico pubblico e dal 3 giugno 1938 (Regio decreto n. 827) non si può essere assunti nel personale salariato statale né si possono avere promozioni all’interno di questo personale se non si ha la tanto conclamata tessera: è chiaro quindi che gli iscritti si contino a milioni ma che tra questi i “tiepidi” e i “freddi” verso il regime siano moltissimi. Nel 1939 Ettore Muti avvicenda Starace alla guida del partito e tale fatto testimonia l’aumento dell’influenza di Galeazzo Ciano.

A partire dal 1937 il segretario nazionale del PNF assurse a rango di ministro di Stato. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Mussolini tenta di militarizzare il partito ordinando il giorno di Capodanno del 1941 la mobilitazione generale di tutti i quadri del PNF. Nel periodo in cui le operazioni belliche volgono verso il peggio, in molti perdono la fiducia verso il regime fascista: anche nell’organo politico principale monta una critica, seppur latente e oscura, a cui il Duce tenta di dare una spallata nominando il ventisettenne Aldo Vidussoni segretario del PNF (26 dicembre 1941). La mossa, dettata dal fatto che i giovani sono rimasti i più accesi sostenitori del governo, si rivela catastrofica e il 19 aprile 1943 il giovane friulano viene sostituito da Carlo Scorza.

Scioglimento

Il 27 luglio 1943, in seguito alla votazione dell’ordine del giorno Grandi (25 luglio), Mussolini venne arrestato dai Reali Carabinieri, decretando di fatto la fine del regime fascista. Lo scioglimento del PNF da parte del nuovo governo di Pietro Badoglio avvenne il 2 agosto 1943 con il regio decreto n.704, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del Regno il 5 agosto successivo.

Liberato dai tedeschi il 10 settembre, Mussolini costituì il 13 settembre il nuovo Partito Fascista Repubblicano (PFR) e costituì la Repubblica Sociale Italiana (RSI), nella parte d’Italia occupata dai tedeschi. Segretario del PFR fu nominato il 15 settembre Alessandro Pavolini. A Milano era già stato ricostituito il 13 settembre da Aldo Resega, che ne fu anche il primo commissario federale. Il PFR cessò la sua esistenza con la morte di Mussolini e con la fine della RSI, il 28 aprile del 1945

Fonti varie Wikipedia , Fasci Italiani di Combattimento

8.20

Informazioni aggiuntive

Peso,5 kg
Dimensioni20 × 20 × 20 cm

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