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❌🙁Francesco Crispi autografo risorgimento – Cartolina 1901 regno

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Francesco Crispi  cartolina viaggiata, con autografo originale, scritto di proprio pugno. Cartolina indirizzata con messaggio di saluto a nobildonna di Avellino. Ottime condizioni. Misure cartolina circa cm.15 x 10

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Descrizione

Francesco Crispi  cartolina viaggiata, con autografo originale, scritto di proprio pugno dall’artefice del risorgimento siciliano del 1848. Cartolina indirizzata con messaggio di saluto a nobildonna di Avellino, “Per ricordo alla gentile signora Ga……..  – F.Crispi 25/7/1901 “.  Ottime condizioni. Misure cartolina circa cm.15 x 10

(Note : il nome della destinataria della missiva è cancellato con del rosso solo nella forma digitale)

Notizie

francesco crispi autografo

Francesco Crispi (Ribera, 4 ottobre 1818 – Napoli, 11 agosto 1901) è stato un patriota e politico italiano.

Figura di spicco del Risorgimento, fu uno degli organizzatori della Rivoluzione siciliana del 1848 e fu l’ideatore e il massimo sostenitore della spedizione dei Mille, alla quale partecipò.

Inizialmente mazziniano, si convertì agli ideali monarchici nel 1864. Anticlericale e ostile al Vaticano, dopo l’unità d’Italia fu quattro volte presidente del Consiglio: dal 1887 al 1891 e dal 1893 al 1896. Nel primo periodo fu anche ministro degli Esteri e ministro dell’Interno, nel secondo anche ministro dell’Interno. Fu il primo meridionale a diventare presidente del Consiglio. In politica estera coltivò l’amicizia con la Germania, che apparteneva con l’Italia e l’Austria alla triplice alleanza. Avversò quasi sempre la Francia, contro la quale rinforzò l’esercito e la marina.

I suoi governi si distinsero per importanti riforme sociali (come il codice Zanardelli che abolì la pena di morte e introdusse la libertà di sciopero) ma anche per la guerra agli anarchici e ai socialisti, i cui moti dei Fasci siciliani furono repressi con la legge marziale. In campo economico il suo quarto governo migliorò le condizioni del Paese.

Crispi sostenne tuttavia una dispendiosa politica coloniale che, dopo alcuni successi, portò alla disfatta di Adua del 1896, evento che portò alla fine della sua carriera politica.

Il suo avversario politico principale fu Giovanni Giolitti che lo sostituì alla guida del Paese.

Cospiratore antiborbonico

L’Italia al tempo in cui Francesco Crispi era giovane. In arancio il Regno delle Due Sicilie, dove nacque.

Fra il 1838 e il 1839, prima della tragedia familiare che lo avrebbe colpito, Crispi fondò un proprio giornale, L’Oreteo. Questa esperienza lo mise in contatto con una serie di personaggi politici fra cui il liberale napoletano Carlo Poerio. Già nel 1842 Crispi scriveva della necessità di istruire i poveri, del danno procurato dalla eccessiva ricchezza della Chiesa e della necessità che tutti i cittadini, donne incluse, fossero uguali davanti alla legge.

Crispi il 24 settembre 1843 ottenne la laurea in giurisprudenza e decise di tentare l’avvocatura a Napoli (città considerata più liberale di Palermo), dove risiedette dal 1845 al 1848. Nel 1846 l’elezione di papa Pio IX e i suoi primi provvedimenti liberali scatenarono un’ondata di euforiche attese. L’anno dopo il liberale siciliano Giovanni Raffaele, ricercato dalle autorità borboniche, prima di riparare a Marsiglia, affidò a Crispi il compito di fungere da collegamento tra i capi liberali di Palermo e quelli di Napoli.

I tempi erano ormai maturi per una rivoluzione e il 20 dicembre 1847 Crispi fu inviato a Palermo con Salvatore Castiglia per prepararla. Nei dieci giorni successivi incontrò il principe Torremuzza (1812-1884), il principe Pandolfina, Rosolino Pilo e altri. Quando lasciò la Sicilia, il 31 dicembre, era stato raggiunto l’accordo: l’insurrezione sarebbe scoppiata il 12 gennaio, giorno del compleanno di re Ferdinando II.

La rivoluzione siciliana (1848-1849)

La sommossa antiborbonica scoppiò a Palermo il 12 gennaio 1848. Crispi partì da Napoli per la Sicilia il giorno dopo e il 14 era a Palermo. Il Comitato generale (un governo provvisorio), diretto dal liberale Ruggero Settimo, fu articolato in quattro comitati, a Crispi fu assegnato quello della Difesa, con una speciale responsabilità per l’allestimento delle barricate.

Con i primi successi militari, il 20 gennaio i comitati si riorganizzarono e quello di Crispi divenne il comitato (in pratica un ministero) di Guerra e Marina. In questi primissimi giorni della rivoluzione Crispi fondò L’Apostolato.Su questo suo secondo foglio enunciò le sue idee politiche. Si espresse per una soluzione federale della questione italiana sulle orme delle idee di Vincenzo Gioberti, e sulla necessità per la Sicilia di ottenere l’appoggio delle potenze straniere. Scrisse che occorreva dare una base legale alla rivoluzione e che allo scopo poteva essere ripristinata la costituzione siciliana del 1812, gradita alla Gran Bretagna.

Le sommosse intanto si andavano propagando in tutta Europa: a febbraio a Parigi, a marzo e aprile nel Lombardo-Veneto (a Milano e Venezia), a Berlino e in altre città, mentre i borbonici abbandonavano quasi tutta la Sicilia agli insorti.

A Londra con Mazzini

Giuseppe Mazzini , foto con autografo, di cui Francesco Crispi fu seguace e con cui ebbe contatti a Londra durante il nostro risorgimento.

Crispi arrivò nel Regno Unito il 12 gennaio 1855. Giunto a Londra, Mazzini lo invitò a fargli visita e si prodigò per aiutarlo procurandogli piccole somme di danaro e presentandolo ai suoi conoscenti.

Consigliato da Mazzini sugli autori da leggere, Thomas Carlyle e John Stuart Mill soprattutto, Crispi si immerse nella cultura del Regno Unito, ma continuò ad occuparsi di politica. Fin quando, scoraggiato per aver progettato senza esito una sommossa in Italia meridionale, decise di abbandonare Londra (di cui detestava il clima) per Parigi, dove almeno non avrebbe avuto problemi con la lingua.

L’attentato Orsini a Parigi

L’attentato all’imperatore francese Napoleone III. Nonostante le dichiarazioni di un testimone, il coinvolgimento di Crispi non fu mai provato.

Crispi giunse a Parigi il 10 gennaio 1856, dove trovò lavoro come giornalista e dove continuò ad avere legami con Mazzini e con la sua propaganda. Il 22 agosto lo informarono che il padre era morto e che tre anni prima era morta anche la madre. La seconda notizia gli era stata nascosta dal padre che non voleva accrescere i dispiaceri del figlio. Nel 1857 si avventurò in iniziative commerciali che non ebbero successo e l’anno dopo fu, secondo un testimone, coinvolto nell’attentato che Felice Orsini compì il 14 gennaio con altri quattro cospiratori contro Napoleone III. L’attentato fallì, poiché le tre bombe lanciate contro la carrozza dell’imperatore esplosero senza colpire il monarca (uccisero un certo numero di soldati e passanti). Dei cinque cospiratori, uno solo rimase non identificato. Nel 1908 (sette anni dopo la morte di Crispi) uno di loro, Carlo Di Rudio, affermò di avere visto mezz’ora prima dell’attentato un uomo avvicinarsi e scambiare delle parole d’intesa con Orsini, e di aver riconosciuto in lui Francesco Crispi.

La testimonianza combaciava con quanto dichiarato da Felice Orsini che al processo affermò che la terza bomba era stata lanciata da un quinto cospiratore a cui l’aveva consegnata poco prima dell’azione e di cui non voleva fare il nome. Ma l’esistenza di un quinto cospiratore è tutt’altro che certa: lo stesso Di Rudio, al processo, contrariamente a quanto dichiarato cinquant’anni dopo, negò il particolare dell’incontro. Soprattutto, se Crispi fosse stato coinvolto nella congiura di Orsini, avrebbe tentato di lasciare la Francia, cosa che non fece, almeno di sua iniziativa. Nella reazione delle autorità francesi all’attentato all’Imperatore, gli investigatori raccolsero su Crispi informazioni, fra l’altro, su suoi contatti con Paolo Tibaldi (1824-1901) che nel 1857 era stato arrestato proprio con l’accusa di complottare per assassinare Napoleone III. Così, il 7 agosto 1858, gli venne notificato un decreto di espulsione.

Da Londra a Quarto (1858-1860)

Francesco Crispi fu il massimo promotore della spedizione dei Mille e convinse Garibaldi a prepararla e attuarla.

Tornato a Londra, Crispi riprese i contatti con Mazzini, benché nel 1859 un avvenimento comincerà ad allontanarlo definitivamente dalle idee repubblicane: Il Piemonte dei Savoia e la Francia di Napoleone III erano riusciti a battere l’Austria nella seconda guerra di indipendenza. Crispi vide la possibilità di un ritorno del clima rivoluzionario e il 26 luglio sbarcò a Messina in incognito.

In Sicilia prese contatto con i mazziniani dell’isola che ritenevano venuto il momento di un’insurrezione. Crispi cercò di organizzarli e insegnò loro a fabbricare ordigni esplosivi. Per la sommossa fu scelta la data del 4 ottobre. Ma l’insurrezione fu prima rimandata e poi rinviata a tempo indeterminato. In Francesco Crispi nacque allora la convinzione che in futuro non si sarebbe più dovuto contare sui comitati del risorgimento, influenzabili dai moderati, ma (come scrisse autografo a Mazzini) collegarsi direttamente al popolo. Inoltre, qualunque insurrezione in Sicilia avrebbe dovuto avere l’appoggio esterno di una spedizione militare.

I contatti con Garibaldi

Giuseppe Garibaldi si avvicinò alle idee di Mazzini e Crispi dopo la cessione di Nizza alla Francia.

Nel dicembre del 1859 Crispi prospettò una spedizione militare in appoggio ad un’insurrezione in Sicilia ad alcuni politici. Gli uomini incontrati: Luigi Carlo Farini, Urbano Rattazzi e Giuseppe La Farina sollevarono varie difficoltà. Per nulla scoraggiati, il 22 febbraio e il 24 marzo 1860 Crispi e Rosolino Pilo inviarono due lettere con la stessa richiesta a Giuseppe Garibaldi che rispose interessato, ma senza impegnarsi. Le cose cambiarono però dopo il ritorno al potere di Cavour e la cessione di Nizza e Savoia alla Francia, in cambio delle quali il Piemonte ottenne l’autorizzazione di Parigi ad annettersi formalmente l’Emilia-Romagna e la Toscana. Dopo questo scambio, che vide la cessione della città natale di Garibaldi, la rottura fra questi e Cavour fu netta e il riavvicinamento del generale a Mazzini e agli uomini come Crispi subì un’accelerazione.

In questa atmosfera, agli inizi di aprile, si ebbero alcuni importanti episodi rivoluzionari a Palermo. Era il momento di intervenire dall’esterno. Fattosi indietro Mazzini, il compito di convincere Garibaldi ricadde su Crispi. Costui, insieme a Nino Bixio, il 7 aprile 1860 si recò allo scopo a Torino. Garibaldi si compiacque per le notizie provenienti dalla Sicilia e promise, nel caso i rapporti sulla sommossa fossero stati confermati, di tornare a Genova per preparare la spedizione

La spedizione dei Mille (1860)

Il Piemonte, la più piccola delle due navi della spedizione, sulla quale si imbarcò Crispi.

Crispi partecipò da civile alla battaglia di Calatafimi esponendosi al fuoco nemico per soccorrere i feriti.

Il fatto centrale della politica piemontese di quel periodo fu la scissione creatasi sulla questione italiana tra il conte di Cavour e i moderati da un lato, e Garibaldi e re Vittorio Emanuele II dall’altro. I moderati, infatti, temevano il potenziale rivoluzionario di Garibaldi e dei mazziniani e avevano paura di compromettere le relazioni con le potenze straniere, prima di tutte la Francia. Intanto, Rose, la moglie di Crispi, aveva deciso di partecipare all’impresa, risultando l’unica donna a imbarcarsi con i Mille. La spedizione partì da Quarto il 6 maggio 1860. Crispi si imbarcò sulla più piccola delle due navi, il Piemonte, insieme con Garibaldi. L’11 maggio le imbarcazioni erano in vista di Marsaladove lo sbarco cominciò dopo le 12. Secondo alcuni testimoni, Crispi fu il primo a scendere a terra. Entrò in città con una squadra di 50 uomini e si assicurò il controllo dei punti strategici.

Da Marsala i Mille mossero verso est. A Salemi Crispi cominciò a formare il governo provvisorio. Presentò a Garibaldi un decreto che formalizzava la nomina del generale a “dittatore” e lo lesse dal balcone del municipio. Nei giorni successivi, i Mille (che intanto erano diventati circa 2.000) proseguirono la loro avanzata verso nord-est e la mattina del 15 maggio affrontarono i borbonici che bloccavano la strada per Palermo a Calatafimi. Durante la battaglia Crispi e la moglie soccorsero i numerosi feriti esponendosi al fuoco nemico.

Segretario di Stato in Sicilia

Crispi al tempo in cui fu nominato da Garibaldi segretario di Stato in Sicilia.

La vittoria dei Mille a Calatafimi dette all’impresa una notevole spinta. Garibaldi pensò che era venuto il momento di organizzare un’amministrazione efficiente: il 14 maggio si proclamò dittatore a Salemi e il 17 maggio 1860, ad Alcamo, creò la carica di primo segretario di Stato, il cui compito era di proporre al dittatore le disposizioni necessarie contrassegnandone i decreti. Il primo a ottenere il mandato fu Francesco Crispi, il cui obiettivo fu quello di paralizzare le strutture borboniche locali e convincere i proprietari terrieri che l’alternativa a Garibaldi era il caos, il risorgimento, mentre un decreto autografo dello stesso giorno abolì l’imposta sul macinato e rese illegale la tassazione borbonica. Il giorno dopo un altro decreto istituì per tutti i reati la corte marziale secondo lo statuto militare penale e le leggi che erano state in vigore durante la rivoluzione siciliana del 1848-1849.

L’obiettivo di Garibaldi era ora Palermo: ripiegò su Piana dei Greci (oggi Piana degli Albanesi, a sud della città) dove arrivò il 24 maggio e rimase incerto sulla mossa successiva. Francesco Crispi lo esortò a proseguire verso est, con documento autografo, su Misilmeri, unirsi alle squadre di Giuseppe La Masa (altro eroe del risorgimento siciliano) e puntare su Palermo da sud-est. Il consiglio fu seguito e la notte del 26 maggio i garibaldini avanzarono sulla città. Il generale divise le squadre in tre gruppi, uno dei quali fu assegnato a Crispi che fece il suo ingresso nella periferia di Palermo con la pistola in pugno assieme ai suoi uomini.

Nel pomeriggio del 27 gran parte della città era insorta e Francesco Crispi , ispiratore del risorgimento locale, poté dedicarsi a creare un governo provvisorio insediando un Comitato generale articolato in varie sezioni, annunciando con decreto autografo, che il furto, l’omicidio e il saccheggio sarebbero stati puniti con la morte e si provvide alla nomina di nuovi capi della polizia e all’arresto dei vecchi funzionari borbonici, in alcuni casi anche per salvarli dal linciaggio. Il comandante delle truppe borboniche, il generale Ferdinando Lanza, dopo un primo armistizio di 24 ore, chiese una proroga e Garibaldi il 31 maggio mandò a discuterne le condizioni Crispi che, in cambio di un’ulteriore tregua di tre giorni, ottenne tra l’altro la consegna del Banco regio. Il 6 giugno venne firmata la capitolazione.

 

Fonti di approfondimento usate  Wikipedia. Considerata la vastità dell’argomento si rimanda alle notizie consultabili sullo stesso Wikipedia.

 

9.19

Informazioni aggiuntive

Peso,5 kg
Dimensioni30 × 20 × 5 cm

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