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❌🙁Bustina Colonnello CARABINIERI REALI – 1934 Baistrocchi

1,00

BUSTINA per uniforme di servizio per ufficiale con grado di TENENTE COLONNELLO dei CARABINIERI REALI CC.RR.  Dalla Riforma Baistrocchi del 1933-34 , periodo Vittorio Emanuele III. Grigio verde, trofeo centrale regolamentare a raffigurare una granata in esplosione, ricamata in canutiglia color ORO , con corpo centrale della granata con sottopanno bianco con applicato il monogramma in metallo stampato VE ad indicare il Re Vittorio Emanuele III

Al lato sinistro è montato il grado, due stellette in cornice rettangolare, ricamate in canutiglia argentata

Condizioni ottime, tutto come illustrato dalle numerose foto allegate.  Oggetto assolutamente originale.

Taglia 59

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Descrizione

Berretto a busta, detto BUSTINA, per uniforme di servizio, per ufficiale con grado di TENENTE COLONNELLO dei CARABINIERI REALI CC.RR.  Dalla Riforma Baistrocchi del 1933-34 , periodo Vittorio Emanuele III. Berretto realizzato in cordellino grigio verde, trofeo centrale regolamentare a raffigurare una granata in esplosione, ricamata in canutiglia color ORO , con corpo centrale della granata con sottopanno bianco con applicato il monogramma in metallo stampato VE ad indicare il Re Vittorio Emanuele III

Al lato sinistro di questa bustina da colonnello dei Carabinieri Reali, è montato il grado, due stellette in cornice rettangolare, ricamate in canutiglia argentata, su sottopanno grigioverde . Presenti due aperture per prese d’aria, rinforzate da rivetti applicati tramite linguette interne in alluminio.

La bustina per Tenente Colonnello dei Carabinieri Reali è in condizioni ottime, tutto come illustrato dalle numerose foto allegate.  Oggetto assolutamente originale.

 

MATERIALE       :  bustina in castorino

MISURE             :  taglia 59

PRODUTTORE   :  –

 

 

NOTIZIE

Riforma Baistrocchi

Tra il 1915 e il 1934 pochissime furono le variazioni all’uniforme del Regio Esercito, che indossò il glorioso “grigio-verde” del Podgora e del Carso, divenuto il simbolo stesso del compimento dell’Unità d’Italia, sin quasi alle soglie del secondo conflitto mondiale. Vero è pure che, a fronte delle esigenze di ammodernamento e di mimetizzazione, confermate appunto sui campi della prima guerra mondiale, che indussero a studiare soluzioni per ottimizzare in un’ottica di praticità e semplicità le già sobrie uniformi adottate nel 1908, esisteva una corrente di pensiero, sostenuta dagli elementi più conservatori delle Forze Armate, che propugnava il ritorno ad un abbigliamento più vistoso e direttamente connesso alla tradizione militare italiana. Difatti, per cercare di venire incontro a tutti senza derogare ai principi di razionalità ormai consolidati dall’esperienza, tra gli anni Venti e Trenta a corredo dell’uniforme grigioverde riapparvero colbacchi, spalline metalliche, bandoliere gallonate ed elmi.

Nondimeno i tempi incalzavano e, con essi, anche le dottrine d’impiego tattico. Mentre si reintroducevano capi obsoleti per pure esigenze d’immagine, prendeva corpo una serie di modifiche pubblicate ufficialmente il 14 novembre 1933 in un compendio dal titolo “Aggiunte e Varianti n.2 al Regolamento sull’uniforme del 1931” firmato dal Sottosegretario al Ministero della Guerra generale Federico Baistrocchi, donde il nome di “Riforma Baistrocchi“.

Le novità riguardavano tutte le uniformi in dotazione al Regio Esercito nel loro complesso con l’adozione della giubba grigio-verde a quattro bottoni e altrettante tasche a “toppa“, con il collo aperto (il che comportò conseguentemente l’introduzione parallela della camicia con colletto rovesciato e la cravatta di foggia borghese) e la sostituzione del chepì con il berretto piatto detto ironicamente “a padella“; capi che, variamente modificati in alcuni dettagli nel corso del tempo, si sono mantenuti sino ad oggi. Per quanto concerne l’Arma, le uniformi erano pressoché identiche alle altre, solo di colore nero per gli ufficiali, turchino per sottufficiali e carabinieri; l’uniforme grigio-verde venne distribuita allo scoppio della seconda guerra mondiale ai reparti mobilitati.

Alcuni accenni sui dettagli della riforma in oggetto, dove con la IV serie di Aggiunte e Varianti al Regolamento sull’uniforme del 1931, pubblicata il 3 aprile 1934, furono stabilite le uniformi per gli ufficiali dell’Arma. La tenuta Ordinaria, s’indossava sia in servizio che in libertà. La giubba era del modello prescritto per il Regio Esercito, in tessuto diagonale o cordellino nero, con bottoni d’argento che recavano impresse le cifre reali VE contornate da nodi di Savoia. Il collo aperto era in panno castorino nero bordato di panno scarlatto, ornato dai particolari e tradizionali alamari in filo d’argento tuttora in uso; le tasche erano, come detto, a toppa, con cannello centrale e pattine. I paramani orizzontali, pure filettati in panno scarlatto, erano sormontati dalle insegne di grado in gallone d’argento con occhiello o “giro di bitta” come per la Marina, ma ovale non tondo come questa. Le controspalline rigide e mobili, bordate di rosso, avevano al centro la fiamma distintiva dell’Arma in oro, quelle degli ufficiali superiori erano inoltre guarnite con un galloncino d’argento.

L’uniforme grigio-verde era prevista soltanto per il personale mobilitato; in tutte le altre circostanze i militari dell’Arma indossavano la tradizionale divisa color turchino scuro in panno per i sottufficiali e carabinieri e nera in cordellino per gli ufficiali. Per la prima volta il grigio-verde venne indossato nel 1935 dal personale delle Sezioni Mobilitate con le Grandi Unità del Corpo di Spedizione della Guerra d’Etiopia.

Documenti fotografici delle Sezioni in partenza per l’Africa Orientale (1935) mostrano gli ufficiali che indossano una giubba grigio-verde con collo nero, in qualche raro caso ornato dagli alamari ricamati in argento del tipo a foglia d’acanto; più spesso, però, gli alamari erano quelli lunghi da sottufficiale. Con questa uniforme si portavano camicia e cravatta grigio-verde. Inizialmente i bottoni erano d’argento con cifra reale; collo, controspalline e paramani erano filettati di scarlatto, come nella giubba nera. Al pari di questa, il fregio e i distintivi di grado erano portati sulle controspalline. Per questa tenuta, i pantaloni corti da cavallo avevano la doppia banda nera filettata al centro di scarlatto ed erano indossati su stivali neri con speroni. Il cinturone era all’inglese in cuoio marrone, munito di spallaccio. Sulla destra, giubba nella versione senza collo nero (connotazione da ufficiale di fanteria: il collo era dello stesso tessuto della giubba, che corrisponde così in ogni dettaglio al modello di prescrizione in diagonale nero (filettature scarlatte, bottoni, fregio delle controspalline e distintivi di grado). Testimonianze dell’uso di questa variante della giubba in cordellino grigio-verde sono sempre nelle foto delle prime Sezioni Mobilitate in partenza per l’Africa Orientale (1935). Successive varianti vennero diramate dal Comando Generale all’inizio del conflitto.

La circolare del 1° gennaio 1939 sanciva: “…L’uso delle uniformi grigio-verde facoltative, ordinaria e di marcia, è tassativamente proibito in tutti i casi in cui gli ufficiali intervengano a manifestazioni o cerimonie di qualsiasi natura, ovvero debbano trovarsi, per servizio, a contatto con la truppa“. Con l’adozione dell’uniforme di guerra mod. 1940, la circolare del 1939 veniva aggiornata apportando tutte le semplificazioni che il tempo di guerra suggeriva eliminando tutte le filettature rosse al collo e alle controspalline, lasciando solo quelle dei paramani; l’alamaro ricamato in argento su panno rosso fu sostituito da quello da sottufficiale, ma di dimensioni ridotte (cm. 3,2 x 6); i distintivi di grado vennero ridotti a soli 6 cm. di lunghezza, pur lasciando gli stessi galloni d’argento. Le controspalline diventarono fisse con l’estremità opposta al bottone cucita nell’attaccatura della manica. I bottoni erano lisci di frutto. I pantaloni restano invariati, conservarono le doppie bande da 2 cm. ciascuna con filetto rosso al centro.

Il berretto a busta (come questa bustina per colonnello dei Carabinieri Reali) per ufficiali era uguale al modello già prescritto alle altre armi (1935). Le stellette dei gradi erano applicate sulla sinistra in ricamo d’argento . Fino ad oggi non si sono trovati documenti o prove certe che attestino l’esistenza di bustine grigio-verde con filettatura rossa.

Arma dei Carabinieri

L’Arma dei Carabinieri (dapprima Corpo dei Carabinieri Reali e poi Arma dei Carabinieri Reali) è una delle forze di polizia italiane, con competenza generale e in servizio permanente di pubblica sicurezza, facente parte contemporaneamente delle forze armate italiane, dal 2000 con il rango di forza armata. Al vertice dell’istituzione vi è un comandante generale con il grado di generale di corpo d’armata.

In caso di emergenza, per contattare i Carabinieri è sufficiente comporre su qualsiasi apparecchio telefonico il numero 112 (senza alcun costo), tranne nelle regioni in cui è attivo il Numero unico di Emergenza.

La creazione

Durante la Restaurazione, Vittorio Emanuele I di Savoia, al rientro a Torino, dopo un periodo passato in sostanziale esilio a Cagliari poiché il territorio continentale del Regno di Sardegna era stato occupato dalle truppe di Napoleone Bonaparte, all’inizio del XIX secolo emanò la legge reale del 13 luglio 1814 (“Regie Patenti”) con la quale fu istituito il Corpo dei Carabinieri Reali, unità militare con compiti di polizia.

Da un punto di vista militare, si trattava di un corpo di fanteria leggera (con una componente di cavalleria), e dunque più elitario rispetto ad un corpo di fanteria di linea; il primo personale arruolato fu, infatti, selezionato nell’eccellenza dei reparti piemontesi, perciò venne considerato un corpo d’élite. Il loro primo generale fu Giuseppe Thaon di Revel, chiamato a ricoprire la più alta carica del corpo il 13 agosto 1814. Il 25 giugno 1833 con decreto del re Carlo Alberto di Savoia vennero adottati i colori del pennacchio (lo scarlatto ed il turchino).

L’unità d’Italia e la nascita dell’Arma

Durante il Risorgimento furono impegnati su diversi fronti e dopo il compimento dell’unità d’Italia i Carabinieri Reali diventarono “Arma” del Regio Esercito l’8 maggio 1861, raggiungendo il rango delle suddivisioni principali come fanteria, artiglieria, cavalleria, divenendo componente effettiva del Regio Esercito dell’Italia unita.

L’impiego nei conflitti e nella resistenza italiana

Le principali battaglie cui prese parte il corpo prima delle guerre mondiali, sono:

  • Grenoble (Francia, Savoia), 6 luglio 1815, primo impiego bellico dei Carabinieri Reali, uno squadrone di cavalleria dei Carabinieri, guidato dal Sottotenente Gerolamo Cavassola, caricò le truppe francesi, mettendole in rotta e contribuendo in modo decisivo alla vittoria.
  • Pastrengo, 30 aprile 1848, bandiera dell’Arma insignita della prima medaglia d’argento al valor militare.
  • Verona, 6 maggio 1848, bandiera dell’Arma insignita della prima medaglia di bronzo al valor militare.
  • Custoza, Staffalo, Sommacampagna, Valeggio, Milano, Peschiera del Garda, 24 luglio – 4 agosto 1848.
  • Perugia, Garigliano, Mola di Gaeta, 14 settembre – 4 novembre 1860.
  • Monzambano, Villafranca, Custoza, 24 giugno 1866.
  • Presa di Roma, 20 settembre 1870, insieme ai Bersaglieri.
  • Sciara Sciat e Due Palme (guerra italo-turca, 1911-1912).

Nella prima guerra mondiale si distinsero nella battaglia del Podgora, 19 luglio 1915, e per il contributo nel primo conflitto mondiale la Bandiera dell’Arma fu insignita della prima medaglia d’oro al valor militare. Furono impegnati nelle varie fasi del colonialismo italiano e nella guerra d’Etiopia parteciparono alla seconda battaglia dell’Ogaden gli zaptié (àscari carabinieri), a partire dalla primavera del 1936.

Nella seconda guerra mondiale i Carabinieri si distinsero nelle seguenti battaglie:

  • battaglia di Culqualber (Etiopia), 6 agosto – 21 novembre 1941, Bandiera dell’Arma insignita della seconda medaglia d’oro al valor militare.
  • battaglia di Eluet El Asel (Libia), 19 dicembre 1941.
  • battaglia di Klisura (fronte greco-albanese), 16-30 dicembre 1941, Bandiera dell’Arma insignita di medaglia di bronzo al valor militare

Dopo l’armistizio di Cassibile diversi reparti si unirono alla resistenza italiana e presero parte alla guerra di liberazione; particolarmente nota è la figura del vicebrigadiere Salvo D’Acquisto, che morì a Torre di Palidoro, vicino a Roma, durante la seconda guerra mondiale, precisamente il 23 settembre del 1943, ucciso dai tedeschi per rappresaglia dopo essersi autoaccusato per salvare 22 condannati a morte, benché innocente, per un presunto attentato avvenuto in quella località nel quale erano morti due militari germanici. Circa 2 700 carabinieri subirono la deportazione a vario titolo per essersi rifiutati di soggiacere alle disposizioni delle forze militari nazifasciste, soprattutto dopo l’8 settembre 1943. Dieci carabinieri figurano, inoltre, tra le vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

 

Fonti Wikipedia , Sito dell’Arma dei Carabinieri  dal quale potete avere altre informazioni più dettagliate

 

8.20

Informazioni aggiuntive

Peso1 kg
Dimensioni35 × 35 × 35 cm

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