Descrizione
Vaso biansato lavorato a sbalzo, in argento massiccio, appartenuto al tenore Beniamino Gigli , donatogli in occasione della II Festa dell’Uva di Rieti del 1931 , dalla Federazione Fascista della città sabina. Il lotto comprende il vaso in argento, fabbricato a mano dai noti argentieri FRUGONI di Roma , una foto originale del tenore con dedica e firma autografa datata 1937 , XV Era Fascista, una tessera personale di Gigli del 1943-44 per l’ingresso ai concerti sinfonici al Teatro Adriano, a cura dell’Accademia di Santa Cecilia sotto l’egida del Governatorato di Roma, ed un assegno o cambiale bancaria con relativa firma autografa sempre di Beniamino Gigli. Il vaso è ovviamente il pezzo centrale del lotto in vendita, ed è splendidamente realizzato con lavorazione a sbalzo, di fasci di spighe di grano e rami di ulivo intrecciati, con decori di foglie incorniciate lungo il bordo svasato superiore ed alla base del vaso, il tutto a magnificare il cuore della lavorazione rappresentata da un FASCIO LITTORIO centrale, contornato da due scudi armoriali che vogliono esaltare :
- la città di Rieti , alla sinistra del fascio . Lo scudo sannitico troncato, timbrato da una corona da marchese, dove nella metà superiore sono rappresentati un cavaliere e una donna in atto di ricevere uno stendardo, mentre alla metà inferiore abbiamo una rete e tre pesci ed un cartiglio con la frase «In Pratis Late Rea Condidit Ipsa Reate» la cui origine è sconosciuta.
- la provincia di Rieti , alla destra del fascio. Scudo sannitico con una banda trasversale riportante la sigla S.P.Q.S. (Senatus Populusque Sabinus) con il cartiglio «Tota Sabina Civitas», alternata a gruppi di tre anelli intrecciati. Lo scudo è timbrato da una corona da provincia.
Immediatamente sotto la rappresentazione grafica, lungo tutto il diametro del vaso, corre una fascia che riporta una incisione realizzata interamente a mano e che dice
«A BENIAMO GIGLI – LA FEDERAZIONE PROVINCIALE FASCISTA DI RIETI – XXVII SETTEMBRE MCMXXXI – ANNO IX»
Completano il vaso, i due manici laterali intrecciati. Sotto la base possiamo trovare il marchio di produzione F.FRUGONI – ARGENTERIE – ROMA con punzone 800 dell’argento , e marchio proprio dell’argentiere all’interno della losanga incisa; gli stessi sono riportati nella fascia che circonda la parte superiore della base del vaso.
Il vaso pesa circa gr.1700 di argento massiccio dal titolo 800.
MATERIALE : Argento
MISURE
- altezza cm.25
- diametro alla base cm.29
- diametro svasatura superiore cm.26
- diametro bocca interna cm.15
MARCHIO : 800 , Frugoni Argenterie , Roma
NOTIZIE
La festa dell’Uva – Rieti 1930 , 1931
Il 28 settembre 1930 per volere del Capo del governo Benito Mussolini si svolse in tutta Italia la “Prima Festa dell’uva”. «Sarà gioconda manifestazione di letizia italica, ringraziamento e propiziazione pel dono dell’uva che la provvidenza largisce alla feconda Enotria». Così veniva celebrata questa prima festa che doveva ritenersi di lunga durata, da ripetersi con cadenza annuale negli anni a seguire. Ogni comune d’Italia doveva organizzare feste e cortei folkloristici favorendo in ogni modo la vendita ed il consumo dell’uva. L’organizzazione della festa era demandata ai Comitati locali presieduti dal Podestà e composti dai gerarchi e dai rappresentanti di tutte le organizzazioni del Regno, coadiuvati nell’organizzazione delle manifestazioni folkloristiche dalle sezioni locali del Dopolavoro. Ad un apposito ufficio, sotto la direzione della Federazione nazionale fascista del commercio enologico, con sede a Roma in via del Gesù venne demandata l’organizzazione della vendita e della distribuzione dell’uva e l’approvvigionamento delle forniture necessarie.
Dato il successo ottenuto nel 1930, anche l’anno successivo , 1931, il Capo del governo ed il ministro dell’Agricoltura indissero la seconda edizione della Festa dell’uva , sempre a Rieti dove poi venne celebrato Beniamino Gigli con il vaso in argento donatogli dalla Federazione Fascista. Il prefetto di Rieti ne diede comunicazione ai commissari prefettizi ed ai podestà della provincia, facendo riferimento alle istruzioni già contenute nella circolare 1208 dell’anno precedente, cui si aggiunse l’indicazione di includere tra i membri dei diversi Comitati organizzativi anche i rappresentanti dei Fasci giovanili e delle altre organizzazioni agrarie locali. Il programma prevedeva in mattinata la mostra dell’uva da tavola sotto il portico del municipio, la distribuzione dell’uva ai negozianti, la vendita dell’uva in piazza Vittorio Emanuele da parte delle ragazze e dei balilla tra i banchi artistici creati attorno alla fontana. Nel pomeriggio la sfilata per le vie della città dei carri addobbati, accompagnati dalle giovani in costume e la distribuzione dei premi per i migliori carri e per i migliori addobbi dei negozi, infine era previsto l’arrivo della banda Gigli di Recanati. Nel complesso anche questa seconda edizione era stata una manifestazione di successo, superiore alle aspettative, grazie anche alla grande serata, che a conclusione della manifestazione, si tenne al teatro Vespasiano con il concerto di Beniamino Gigli e di altri artisti (Settembre 1931, Rieti)
La Festa dell’uva divenne così un evento consolidato che proseguirà negli anni successivi con modalità simili, magari con qualche innovazione, come la costruzione, nel 1937 in piazza Vittorio Emanuele, di un «ammirevole arco rivestito di mortadella, con nel mezzo un’artistica anfora adornata da nastri dai colori nazionali e della provincia».
La Festa dell’uva venne celebrata fino al 1942, pur se mantenuta nei limiti di sobrietà imposti dalle contingenze della guerra, mantenendo i prezzi di vendita più bassi possibili e favorendo le distribuzioni gratuite ai militari ed alle fasce più bisognose, anche per ovviare alle limitazioni dell’uso dello zucchero dovute alla guerra.
La manifestazione riprese nel 1952 come “Campagna propagandistica per il maggior consumo dell’uva e Sagra dell’uva”, sostituendo alla retorica della ruralità fascista ed agli aspetti prettamente folkloristici, contenuti maggiormente legati agli aspetti medico-salutistici ed alla necessità di incremento dei consumi dell’uva. Pertanto il programma delle attività comprendeva conferenze affidate a professionalità altamente qualificate, accompagnate da articoli sulla stampa locale, concorsi tra pubblici esercizi per l’allestimento delle mostre e per la redazione dei migliori articoli. Non mancarono comunque le sfilate dei carri allegorici per le vie della città, la consegna agli istituti di beneficienza dell’uva donata dai produttori locali, e l’offerta della stessa alla cittadinanza nei consueti sacchetti, accompagnati da pieghevoli informativi opportunamente predisposti.
Beniamino Gigli
Gli inizi
Ultimo di sei figli di Domenico, calzolaio e campanaro del duomo, ed Ester Magnaterra, mostrò sin da piccolissimo grandi attitudini per il canto, venendo accolto a sette anni nel Coro Pueri Cantores della Cattedrale di Recanati. La povertà della famiglia lo costrinse a duri sacrifici, ma, tra un’occupazione e l’altra, riuscì a prendere lezioni di canto dal maestro Quirino Lazzarini, organista e direttore del coro della Santa Casa di Loreto.
A quindici anni, mostrando voce di contralto, fu scelto a Macerata come protagonista, in vesti femminili, dell’operetta La fuga di Angelica di Alessandro Billi, alla quale seguirono altre buone prove del genere, che convinsero la famiglia a favorirne il trasferimento a Roma nell’autunno del 1907.
Dopo una breve parentesi di alcuni mesi di servizio militare in occasione della guerra di Libia del 1912, vinse una borsa di studio e si poté iscrivere finalmente alConservatorio Santa Cecilia, studiando sotto la guida di Enrico Rosati.
Benché agli allievi fosse vietato esibirsi ufficialmente, apparve con lo pseudonimo di Mino Rosa in numerosi salotti romani, riuscendo a guadagnare la rispettabile somma di trecento lire. Il 24 aprile 1914 cantò con il proprio nome alla sala dell’Accademia di Santa Cecilia nella fiaba musicale La principessa dai capelli d’oro di Alessandro Bustini ed il 10 giugno seguente fu ammesso al saggio finale del conservatorio. Il debutto teatrale, dopo aver vinto un altro concorso di canto a Parma, avvenne al Teatro Sociale di Rovigo la sera del 14 ottobre dello stesso anno come Enzo ne La Gioconda.
La carriera
Seguirono presenze in alcuni dei maggiori teatri italiani (Palermo, Napoli, Genova, Catania, Costanzi di Roma), in opere come Manon, Tosca, Mefistofele, La Favorita.
Nel 1917 iniziarono le scritture all’estero (Madrid, Barcellona, Montecarlo, Rio, Buenos Aires) e, dopo aver esordito a Milano al Teatro Lirico nella primavera del 1918 con Lodoletta, il 19 novembre dello stesso anno esordì alla Scala in Mefistofele, sotto la direzione di Arturo Toscanini.
Il 26 novembre 1920 fece l’ingresso al Metropolitan di New York, di nuovo con Mefistofele; fu un successo e il direttore del teatro gli prolungò la scrittura, prima per altri due mesi poi per quattro anni. Il successo fu favorito sia dall’apprezzamento importante della comunità italiana che dalla dichiarazione perentoria di Enrico Caruso, che vide in lui il proprio successore. Il 2 agosto 1921 Caruso scomparve e la stagione del Metropolitan, da lui inaugurata per diciotto anni, lo fu quell’anno da Gigli con La traviata. Fu regolarmente presente al “Met” per oltre un decennio e il successo si estese a molte altre città (San Francisco, Filadelfia, Chicago). Nello stesso periodo fece tournée in Europa (fra cui l’importante debutto il 27 maggio 1930 al Covent Garden di Londra in Andrea Chenier) e Sudamerica.
Nel 1932, dopo dodici anni consecutivi e circa cinquecento recite, la collaborazione con il Metropolitan si interruppe in seguito alla riduzione dei compensi dovuta alla grande crisi economica americana e Gigli tornò in Italia, facendo del Teatro dell’Opera di Roma le sede principale della sua attività (farà ritorno al “Met” solo nel 1939 per cinque rappresentazioni, fra le quali Aida). Fu presente inoltre, fino allo scoppio della guerra, nelle altre principali città europee (di particolare rilevanza l’esordio in Aida a Vienna con la direzione di Victor De Sabata nel 1936) e ancora in Sudamerica.
In seguito, con l’avvento del sonoro, approdò anche al cinema, girando una serie continuativa di sedici film dal 1935 ai primi anni cinquanta, malgrado gli evidenti limiti di una fotogenia non proprio ideale e di una recitazione alquanto convenzionale.
Dopo la liberazione si ritirò temporaneamente dalle scene, ritornandovi nel 1946, ancora in grado d’entusiasmare il pubblico nonostante l’età non più verde. Fu poi costretto per motivi di salute (era affetto da diabete) ad interrompere dapprima le produzioni teatrali e poi i concerti, l’ultimo dei quali, a livello ufficiale, fu alla Carnegie Hall di New York il 20 aprile 1955. Nelle ultime tournée si esibì a volte con la figlia Rina, soprano.
Fu accompagnato nella carriera, fin dagli esordi, dal suo agente e segretario particolare Amedeo Grossi, che con la moglie Barbara curò anche un monumentale archivio, oggi custodito presso il Museo Gigli di Recanati.
Venne di frequente paragonato a Enrico Caruso, e alla definizione talvolta datagli di “Caruso Secondo” soleva rispondere di preferire quella di “Gigli Primo”.
Fonti Wikipedia , Archivio di Stato di Rieti, Archivio comunale di Rieti, Carteggio amministrativo. Rieti, Festa dell’uva, Anni ’30
2.20
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