Description
Calendario della PRIMA DIVISIONE D’ASSALTO degli Arditi , del 1919 , disegnato da Enrico Sacchetti e firmata in alto a destra della copertina. Una bellissima illustrazione, dalla quale prende spunto anche la cartolina relativa : un ardito visto di profilo con in testa il fez nero con il pennacchio, calzato all’indietro, tipico dei reparti d’assalto neo formati, in camicia con cravatta e le fiamme nere ai baveri della giacca dal petto aperto.
Il calendario commemora alcuni dei momenti gloriosi della divisione d’assalto, la decorazione con la Medaglia al Valor Militare ad alcuni arditi, le battaglie nelle località come Col Del Rosso e Monte Valbella, Monte Nero, Sella di Dol, il Monte Ortigara, la Bainsizza, Monte Pasubio e celebrando i Bersaglieri Ciclisti, i Cavalleggeri, gli Artiglieri di Montagna, i Carabinieri, e tutti i reparti che componevano la PRIMA DIVISIONE D’ASSALTO
Edito dallo Stabilimento per le Arti Grafiche Alfieri e Lacroix , composto da 4 pagine più quattro di copertina, in cartoncino ruvido, rilegato con il proprio cordoncino in filo nero, il calendario della Prima Divisione d’Assalto misura circa cm. 26 x 23 , presenta delle macchie sparse di umidità, ma è sicuramente un oggetto molto raro e completo.
MISURE : cm. 26 x 23
MATERIALE : cartoncino a stampa
MARCHIO/PRODUTTORE : Arti Grafiche Alfieri e Lacroix
Notizie
Nel marzo 1917 il Comando Supremo aveva verificato ed inviato una circolare informativa circa la costituzione presso l’esercito austroungarico di unità speciali, pur considerando che il primo ad adottare il concetto di truppa di élite era stato l’esercito tedesco, mediamente molto meglio addestrato: le Stoßtruppen (sturmtruppen)
Di conseguenza, vista la necessità di ‘istituzionalizzare’ le nostre nuove forze, Re Vittorio Emanuele III sancì la nascita dei reparti d’assalto il 29 luglio 1917.
I neonati reparti d’assalto, si svilupparono quindi come corpo a sé stante, con una propria uniforme ed un addestramento differenziato e superiore a quello dei normali soldati, da impiegarsi a livello di compagnia o di intero battaglione.
I primi reparti d’assalto vennero creati nella 2ª Armata, e al momento della battaglia con successiva disfatta di Caporetto, risultavano costituiti 27 reparti (o più probabilmente 23), anche se quelli effettivamente impiegabili in combattimento furono molti di meno.
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Nel 1877 Enrico Sacchetti nasce a Roma, perché il padre Giuseppe, amico dei Macchiaioli, impiegato al Ministero della Guerra si era trasferito da Firenze nella nuova Capitale. Studia al Collegio militare e si diploma poi in fisica matematica. Impiegato in uno studio d’ingegneria, non resiste e si traferisce a Firenze. Sono anni di fame descritti in Vita d’Artista (Premio Bagutta 1935), biografia del suo amico di gioventù, lo scultore Libero Andreotti. Le sue prime opere furono cartoline con caricature di musicisti famosi. Collabora a «Il Bruscolo» di Vamba, e a «La Nuova Musica». È chiamato a Milano nel 1903 da Umberto Notari, per collaborare a «Verde Azzurro», giornale di breve vita. Con Notari, scrittore e vulcanico editore, lavorò sempre, illustrando anche lo scandaloso Quelle signore (1904), o La donna tipo tre (1929). A Milano lavora per la rivista «Poesia» di F.T. Marinetti, di cui illustra anche Le Roi Bombance (1905). Sempre per Notari disegna caricature per «Il Teatro Illustrato». Partecipa a mostre di caricature a Torino (1907) e a Milano (1908). Collabora con «La Lettura» supplemento del «Corriere della Sera», per il quale lavorò anche dal 1912 al 1936 e nel 1940 – 41. È invitato a lavorare a Buenos Aires, dove vivrà fino al 1911. Raggiunge poi a Parigi Andreotti. Comincia a lavorare per la Sartoria Worth dipingendo ventagli, uno dei quali fu acquistato da Ida Rubinstein.
Pubblica i suoi disegni di moda, «Robes et femmes», nel 1913. Collabora a «LaVie Parisienne» e a «La Gazette du bon ton». Una mostra di tutti gli illustratori di questa rivista si tiene a Parigi e a Londra. Con la guerra torna in Italia, partecipa alla Mostra degli Italiani residenti all’estero (Firenze 1915), con Brunelleschi, Dudovich e altri. Collabora al 420 di Nerbini, al «Mondo», al «Secolo XX», al «Numero». Lavora per G. Antona Traversi, responsabile della propaganda per la IIIA Armata, disegnando caricature antiaustriache e antitedesche per «Gli Unni e gli Altri» (1918-1920), e collaborando a «La Tradotta», giornale per le truppe. Stampa due mazzi di carte nazionali, e a Londra, cartoline antitedesche. Nel 1920 pubblica Loro, repellente galleria di ritratti di prigionieri austriaci, presentato da Ugo Ojetti. Si sposa con Anna, violoncellista boema ungherese, conosciuta in Argentina.
Nel 1917 nasce il loro unico figlio, Dino. Nel 1920 tiene la sua prima mostra individuale alla Galleria Pesaro di Milano. Vittorio Pica invita Sacchetti e Cappiello alla Biennale di Venezia del 1922. Inizia a scrivere incoraggiato da Ojetti.
Nel 1936, a Roma, è esposta una scelta di suoi disegni, ed è incluso nella Prima mostra del Cartellone. Oltre ai manifesti pubblicitari, lavora anche per la propaganda di regime. Nel 1941 muore Dino, spinto a partire volontario dal padre, sul fronte greco-albanese. Ha un crollo, ma le sue idee non mutano, aderisce infatti alla Repubblica Sociale. Nel dopoguerra disegna paesaggi e scrive, Capire (1947), La Bottega della Memoria (1953). Negli anni ’50 espone a
Milano (Gall. Cairoli 1957) e a Firenze (Gall. Spinetti, 1958, con prefaz. Di Ardengo Soffici).
Riceve dall’editore Garzanti la medaglia d’oro per l’illustrazione. Il 30 dicembre 1967, a 90 anni, si suicida, forse per una delusione amorosa.
Fonte degli articoli : Wikipedia , Sacchetti
8.22
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