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Aeronautica … Specialità, eventi storici nell’aviazione italiana

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Acquisto materiale della Regia Aeronautica, medaglie, uniformi, distintivi …

In questo articolo, diamo una veloce occhiata ad alcuni eventi, peculiari della Regia Aeronautica, in cui si sono cimentati emergendo in notorietà ufficiali italiani …

Reparto Sperimentale Alta Velocità

Il Reparto Alta Velocità nacque nel 1928 dalla volontà dell’allora Sottosegretario dell’Aeronautica, Italo Balbo e del tenente colonnello Mario Bernasconi. Come luogo ideale per svolgere le esercitazioni fu scelto lo specchio d’acqua del Lago di Garda; la base fu all’idroscalo di Desenzano. L’unità militare promosse lo sviluppo di idrocorsa, speciali idrovolanti da competizione, alla ricerca del primato mondiale di velocità di volo per la categoria che fu raggiunto nel 1934 con 709,209 km/h dal Maresciallo Francesco Agello. Il primato rimase valido come primato assoluto fino al 1938, mentre come primato di categoria (idrovolanti ad elica e motore a pistoni) è tuttora imbattuto.

«Quel pomeriggio del 23 ottobre 1934, il cielo era grigio, quasi invernale; una sensibile foschia rendeva difficile la visibilità, il lago però si presentava ben increspato ed il vento era calmo. Messa in azione la complessa organizza­zione per assicurare la validità del prima­to, il motore dell’MC. 72 era scaldato a terra, provato e incappottato. Il pilota, preso posto sull’MC.72, avviò il motore e si lanciò nel gran volo. L’idrocorsa col suo rombo possente e risonante, eccitava l’eco dei monti racchiudenti il Garda, quasi a chiamare in adunata gli spiriti di tanti eroici velocisti, caduti perchè egli riuscisse vittorioso e potesse dare alla Patria, all’Italia, più alto onore e più ammirabile prestigio». Con queste parole, il Colonnello Mario Bernasconi, Comandante della Scuola Alta Velocità di Desenzano del Garda, descrisse gli avvenimenti di quella storica giornata: l’eroica impresa di colui che per questo venne soprannominato “l’uomo più veloce del mondo”: Francesco Agello.

Dalle ore 14:56 alle 15:11 del 23 ottobre di 86 anni fa, il Mare­sciallo Agello raggiunse, nel cielo di Desenzano del Garda, il record mondiale di velocità assoluta per idrovo­lanti con apparecchio MC.72 – M.M. 181 – Motore Fiat AS.6 n° 8 M.M. 147, con una velocità media di 709,209 km/orari. Il record venne inviato dal Reale Aero Club d’Italia alla F.A.I. (Federazione Aeronautica Internaziona­le) per essere omologato per la categoria idrovolanti con motore a combustione interno. Un primato ancora oggi imbattuto.

Quello che successe dopo le 14:56 di quel giorno lo raccontò Orio Vergani nelle pagine del Corriere della Sera del 25 ottobre 1934: «Erano le 14:56. Con una cresta candida di spume, sollevando­si lentamente con la coda dall’acqua, lanciato in corsa a tutta forza, l’apparec­chio si stacca dal lago in 64 secondi e, preso il volo con sicurezza, punta a bas­sa quota, quasi radendo l’acqua, verso il Garda settentrionale, per farsi ben pre­sto invisibile. Percorsi una ventina di chilometri e compiuta la virata, Agello si lancia sul primo passaggio, la voce torna a cantare col lacerante ululato che fa accorrere sulle rive la popolazione del lago. Compiuta la virata, l’apparecchio si butta fulmineo sul territorio delle basi. Il pilota, dal suo posto, non può vederle. Egli dirige il volo su dei punti di riferimento più lontani. Ogni correzione a quella velocità sarebbe impossibile. L’apparecchio passa su Manerba e, un attimo dopo, su Moniga. La distanza fra le due basi è, come si sa, di tre chilome­tri. Ecco che passa sull’idroscalo diretto verso terra, dove, giunto all’altezza di Montichiari, dovrà virare per rivolgere di nuovo verso nord. Il primo passaggio ha segnato la velocità di chilometri 705,882. Il secondo è più rapi­do. L’esattezza della traiettoria è straor­dinaria. Narreranno gli operatori degli apparecchi di cronometraggio di aver vi­sto il bolide passare a non più di 50 metri da loro. L’aria ne era pro­fondamente scossa. Il secondo passaggio segna il tempo di chilometri 710,433». Continua Vergani: «Una brevissima atte­sa, mentre l’apparecchio è lontanissimo, oltre Torri sulla sponda veronese. Eccolo che vola di nuovo su Manerba e subito dopo Moniga. Passa la raffica rossa. Nessuno parla, tanta è l’ansia dei cuori. La velo­cità questa volta è di chilometri 711,462: la più alta raggiunta da un uomo nel mondo. E bisogna attendere ancora il quarto passaggio che segnerà questa vol­ta chilometri 709,444. Il record è crollato. Adesso, fra pochi istanti, l’apparecchio ammarerà e Agello sarà portato in trionfo. Sventola già una bandiera a festa. Il motoscafo che andrà incontro al pilota è già partito con il Colonnello Bernasconi. L’ammaraggio a velocità folle, è perfetto e radente. Agello sguscia rapido dalla carlinga e si porta lesto co­me uno scoiattolo sul castello motore. Saluta con la mano. Ha vinto. Scene di gioia intima fra i pochi fortunati che hanno potuto assistere alla prova e possono ora correre incontro al volatore. Sono i suoi camerati, i costruttori, i meccanici, i montatori, gli avieri. Sull’apparecchio si vedrà ora portare e issare un tricolore e un ramo di lauro. Si merita anche lui, il bolide, il segno della vittoria. Agello è nel motoscafo, raggiante di gioia. Tutti, quando scende, vogliono abbracciarlo. Lo prendono in spalla per portarlo in trionfo. Una bandiera sventola accanto al gruppo plaudente. Il volo-record è durato esattamente 15 minuti».

Il brevetto del Reparto Alta Velocità

Pagina del dispositivo regolamento di uniformi OD-4 della Regia Aeronautica per l’anno 1937, dove si descrive il Brevetto ATLANTICO (contraddistinto dalla A centrale smaltata in azzurro) per chi abbia attraversato l’Oceano , il brevetto per Pilota di apparecchi ad Alta VELOCITA’ (con la V smaltata in rosso), e per quelli STRATOSFERICI (recante la S centrale anch’essa smaltata in rosso)

L’uomo del record

Francesco Agello , ed il Macchi MC72 alle sue spalle

Nato a Casalpusterlengo il 27 dicembre del 1902, Francesco Agello conseguì il brevetto di pilota d’aeroplano il 19 gennaio 1924 e quello di pilota militare, su un vecchio SVA della Prima Guerra Mondiale, il 13 aprile dello stesso anno. Il 15 maggio 1928 fece il suo ingresso al Reparto Alta Velo­cità di Desenzano, la speciale unità della Regia Aeronautica destinata a preparare piloti e idrocorsa per la Schneider e per i record di velocità. Inizialmente con il grado di Sergente Maggiore, e poi di Maresciallo, Agello collaudò quasi tutti i tipi di idrovolanti da corsa in uso al Reparto. Nel 1929 fu tra i membri della squadra italiana che prese parte alla Coppa Schneider. Un anno dopo, nel 1930, Agello partecipò al Giro Aereo d’Italia per aeroplani da turismo, mentre nel 1932 vinse la Coppa Baracca. Il 10 aprile 1933, sul lago di Garda, si aggiudicò il primato mondiale assoluto di velocità aeronautica a una media di 682,403 Km orari sull’idrovolante MC.72, dotato di un motore Fiat AS.6 da 2.500 CV.

Poco più di un anno dopo, il 23 ottobre 1934, superò il suo stesso primato raggiungendo la media di 709,209 km/h: il volo, consistente in 4 passaggi sopra Desenzano e durato non più di 15 minuti, si svolse con il medesimo idrovolante, ma questa volta con un motore più potente, un Fiat AS.6 da 3.000 CV. Per i suoi primati del 1933 e del 1934, Agello fu promosso Sottotenente e gli venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Aeronautico. Nel 1935 fu promosso Tenente e trasferito al Centro Sperimentale di Guidonia. Nel 1936, fu nominato collaudatore dell’ufficio di sorveglianza tecnica e, nel 1938, con il grado di Capitano, divenne Comandante del Reparto Alta Velocità, che collocò in posizione “quadro” nel 1940 a causa dell’avvicinarsi della guerra. In seguito, Agello fu trasferito all’aeroporto di Milano Malpensa come collaudatore. Perse la vita il 26 novembre 1942 in seguito a una collisione in volo, quando il velivolo MC.202 che stava pilotando si scontrò con un caccia dello stesso tipo sull’aeroporto di Milano-Bresso, allora campo di volo della Breda.

Le Trasvolate in dirigibile

Umberto Nobile (Lauro, 21 gennaio 1885 – Roma, 30 luglio 1978) è stato un generale, esploratore, ingegnere e accademico italiano. Fu docente di Costruzioni aeronautiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II per oltre trent’anni, nonché direttore dello Stabilimento militare di costruzioni aeronautiche a Roma dal 1919 al 1928 e generale del Corpo del Genio aeronautico ruolo ingegneri dell’Aeronautica Militare. Nobile è stato uno dei pionieri e delle personalità più elevate della storia dell’aeronautica italiana; divenne famoso al grande pubblico per le sue due trasvolate in dirigibile del Polo Nord, compiute nel 1926 a bordo del dirigibile Norge e nel 1928 a bordo del dirigibile Italia, quest’ultima conclusasi in tragedia.

Figlio degli ebolitani Vincenzo e Maria La Torraca, nacque a Lauro, in provincia di Avellino dove il padre era dipendente del locale ufficio del registro e dove il giovane Umberto frequentò i primi anni di scuola. Suo padre era nato Vincenzo Nicolò Francesco Nobile delle Piane, discendente di un ramo cadetto della nobile famiglia Delle Piane stabilitosi nell’Italia meridionale (con ramificazioni anche in Calabria e in Puglia, nel barese) che, fedele ai Borbone, rifiutarono i Savoia, e furono quindi privati del titolo nobiliare. Il cognome Nobile venne modificato per ricordare la storica appartenenza all’aristocrazia; suo nonno Roberto Carlo Ferdinando Nobile delle Piane dei marchesi di Valceronia era stato ciambellano alla corte di re Francesco II delle Due Sicilie.

Conseguita la maturità classica nel 1902 presso il liceo Giambattista Vico, si laurea all’Università di Napoli nel 1908 in ingegneria industriale meccanica, con il massimo dei voti. Lo stesso anno consegue un diploma in elettrotecnica. Nel 1911 vince un concorso ed è ammesso a frequentare, a Roma, un corso di costruzioni aeronautiche, presso il battaglione del genio militare, dal quale nascerà in seguito l’Aeronautica militare italiana.

La progettazione militare

Nobile si affaccia dal Norge alla partenza da Spitzbergen, 1926

Nel 1915, durante la Prima guerra mondiale viene assegnato, come ufficiale del Genio, allo stabilimento militare di costruzioni ed esperienze aeronautiche. In questi stabilimenti nel 1916 progetterà un nuovo dirigibile per l’esplorazione del mare, denominato O. Nel 1919 viene nominato comandante dello stabilimento in cui presta servizio; questa carica verrà conservata fino al 1927, periodo nel quale perfezionerà la progettazione dei dirigibili semirigidi per eliminarne i gravi difetti. Umberto Nobile si occupò, oltre che della progettazione di dirigibili, anche di numerose altre questioni aeronautiche. Benché al tempo interamente assorbito dai dirigibili, progettò nel 1918 tre diversi tipi di paracadute, tra cui uno di tipo collettivo, che consentiva il lancio dell’intero equipaggio di un pallone aerostatico, e nel 1922 promosse, con l’ingegnere Gianni Caproni, la costruzione del primo aeroplano metallico in Italia, il Ca 73. Nel periodo in cui fu comandante dello Stabilimento militare di Costruzioni Aeronautiche di Roma sviluppò il progetto dello sfortunato dirigibile Roma destinato al servizio aereo dell’Esercito degli Stati Uniti e andato distrutto in un incidente a pochi mesi dall’inizio dei voli.

Nell’estate del 1922, Nobile si recherà negli Stati Uniti, chiamato a collaborare alla costruzione di un’aeronave militare. Tornato in Italia, nel 1923 realizzerà il dirigibile N1, modello impiegato anni dopo nella prima trasvolata al Polo Nord. Lo stesso anno viene promosso tenente colonnello del Genio aeronautico. Nel 1925 continua la consulenza all’estero per la costruzione di nuovi modelli di dirigibili. In quest’anno stabilisce i primi contatti con l’esploratore norvegese Roald Amundsen.

La trasvolata del Polo Nord

La prima spedizione

Umberto Nobile e la cagnetta Titina, 1926

Alle ore 9:30 del 10 aprile 1926 il Dirigibile Norge, comandato da Umberto Nobile, iniziò il suo volo da Ciampino, facendo tappa a Pulham (Inghilterra), Oslo, Leningrado e Vadsø (Norvegia), e giungendo il 7 maggio alle Isole Svalbard. Da qui, saliti a bordo anche l’esploratore norvegese Roald Amundsen e lo sponsor statunitense Lincoln Ellsworth, il Norge riprese il volo il giorno 11 maggio e giunse sopra il Polo Nord il 12 maggio, alle 1.30, ora di Greenwich. Proseguirono come programmato verso l’Alaska e atterrarono due giorni dopo a Teller, invece che a Nome, per le avverse condizioni atmosferiche, compiendo una traversata di oltre 5300 km di volo ininterrotto.

Successivamente, questo viaggio sfociò in una controversia tra Nobile e Amundsen, su a chi andasse il merito e il credito per la spedizione.

Il crescente favore del partito fascista in Italia riteneva l’impresa di Nobile una buona pubblicità al movimento anche oltreoceano mentre i norvegesi reclamavano il merito maggiore visto che l’idea era loro, così come l’acquisto del dirigibile: Amundsen era il grande personaggio della Norvegia, il suo eroe, ma per tutta la durata del viaggio non ebbe altro ruolo che quello di un malcontento passeggero. Una volta tornato in Italia Nobile fu promosso da Mussolini a maggior generale del Genio Aeronautico.

La seconda spedizione

Nobile ritornò al Polo Nord come comandante del dirigibile Italia. Questa nuova spedizione, dal carattere marcatamente scientifico, ebbe inizio il 15 aprile 1928, da Milano. Alla spedizione partecipò anche, con funzioni di supporto, un gruppo di alpini al comando del capitano Gennaro Sora, che avrebbe poi preso parte alle operazioni di soccorso conseguenti il disastro del dirigibile Italia.

Dopo aver attraversato le Alpi, l’Austria, la Cecoslovacchia, la Germania e la Svezia l’Italia raggiunse Kingsbay, base norvegese nelle isole Svalbard. Dopo aver effettuato un primo viaggio di esplorazione a oriente delle Svalbard l’Italia partì per il Polo Nord il 23 maggio 1928. L’ambito limite geografico fu raggiunto alle 00:24 del 24 maggio 1928; dalla verticale del punto furono lanciate una croce benedetta da Pio XI e una bandiera dell’Italia. Il dirigibile non poté effettuare un atterraggio come previsto a causa delle avverse condizioni climatiche e dopo due ore sopra il polo iniziò il viaggio di ritorno.

La Tenda Rossa

Il generale Nobile affacciato al portello della cabina dell’Italia appena giunto a Stolp, in Pomerania, durante il viaggio verso il Polo Nord nell’aprile 1928. In basso a destra la cagnetta del generale, Titina

A tragitto quasi del tutto completato, proprio mentre spiccavano all’orizzonte le montagne delle isole Svalbard, il dirigibile Italia si schiantò sui ghiacci a causa di una violenta tempesta. La cabina di comando rimase sul ghiaccio con dieci uomini (Nobile, Zappi, Mariano, Viglieri, Biagi, Behounek, Malmgren, Cecioni, Trojani, Pomella morto nell’impatto) e Titina, la cagnetta del generale, i quali vennero sbalzati dall’urto sul ghiaccio, mentre il resto del dirigibile (l’involucro con l’idrogeno e la grande trave chiglia sottostante contenente gran parte del carico), reso più leggero, riprendeva quota portando con sé altri membri dell’equipaggio destinati a scomparire per sempre (Pontremoli, Arduino, Ciocca, Lago, Alessandrini e Caratti). Nobile riportò gravi ferite a un braccio e a una gamba, al punto da dover essere sistemato in un sacco a pelo, dove rimase fino all’arrivo dei soccorsi.

I superstiti, fortunatamente, si trovarono circondati di materiali caduti con l’impatto o gettati eroicamente da Arduino dall’aeronave, tra i quali cibo, una radio e la famosa Tenda Rossa (che in realtà era di color argento, colorata di rosso con dell’anilina, sostanza usata per le rilevazioni altimetriche), entro la quale si adattarono a vivere per sette settimane.

Dall’incidente scaturì la prima spedizione internazionale di soccorso polare e un mese dopo Nobile venne portato in salvo con un piccolo aereo svedese comandato dal tenente svedese Lundborg. Nobile non voleva essere salvato per primo, poiché Cecioni aveva una gamba fratturata, ma il pilota svedese aveva precise consegne e fu irremovibile nell’ordinare al generale di essere salvato per primo. Quando il pilota ritornò a prendere gli altri, precipitò egli stesso, rimanendo a sua volta imprigionato tra i ghiacci. In totale perirono otto persone dell’equipaggio dell’Italia; lo stesso Amundsen morì, scomparendo per sempre, mentre volava su quelle gelide isole per prendere parte alle ricerche dei dispersi.

Mentre tutte le forze internazionali di soccorso si erano mobilitate per salvare i superstiti, la sola nazione che rimase inerte fu proprio l’Italia. La nave appoggio Città di Milano, comandata dal capitano Romagna, rimase alla fonda nella Baia del Re su precisi ordini di Roma. Una volta che Nobile vi salì a bordo vi rimase da prigioniero, impossibilitato a fornire utili indicazioni per il salvataggio, mentre la stampa, su pressione del governo fascista, lo tacciava di vigliaccheria (Nobile non aveva mai espresso il proprio entusiasmo politico verso il regime). Solo il 12 luglio 1928 il rompighiaccio sovietico Krassin raggiunse i superstiti e li trasse in salvo. A capo della squadra di soccorso era Rudol’f Lazarevič Samojlovič.

Le accuse

Nobile fu accusato di imperizia e di aver abbandonato i suoi uomini e, dopo il giudizio di una commissione d’inchiesta della Regia Aeronautica, fu costretto a dimettersi da tutte le cariche.

Invano, come lo stesso esploratore raccontò, anni dopo, in un’intervista televisiva nell’ambito della trasmissione realizzata dal giornalista Gianni Bisiach, si rivolse direttamente a Benito Mussolini perché la verità storica fosse ristabilita. Nobile aveva in Italo Balbo, ministro della Aeronautica, un grande nemico che, si suppone, tramò al fine di imporre la propria visione di un’aeronautica priva degli ormai obsoleti e costosi dirigibili. Di fatto, il governo fascista dell’epoca lo abbandonò al suo destino e solo dopo la fine della seconda guerra mondiale il giudizio della commissione d’inchiesta fu sovvertito e Nobile venne riabilitato.

Il sospetto che Nobile non fosse stato salvato per primo per coordinare meglio i soccorsi dei compagni, ma che il suo immediato salvataggio dipendesse più da una questione di soldi e di assicurazioni è corroborato dal telegramma (conservato all’Airship Museum di Longyearbyen nelle Isole Svalbard) che lo stesso Nobile mandò il giorno dopo essere stato salvato. Con esso Nobile chiede che le sue due assicurazioni vengano estese anche alle operazioni di salvataggio dei compagni – che però lui non compirà mai – e presenta denuncia dei suoi infortuni, alla quale seguirà «rapporto medico». Solo nell’ultima riga annuncia che invierà «appena possibile» un rapporto sull’incidente. L’assicurazione sembra quasi essere un’ossessione per Nobile ed è ipotizzabile che l’ordine perentorio di metterlo rapidamente in salvo, prima che le sue condizioni peggiorassero, sia stato impartito dalla compagnia assicuratrice, che per lui aveva sottoscritto il premio più elevato.

D’altronde, l’esigenza di coordinare meglio i soccorsi fu un’invenzione subito smentita dai fatti: le operazioni di recupero restarono sempre affidate al comandante della nave appoggio Città di Milano, Romagna Manoja, che comunque fece il minimo indispensabile e fu solo grazie agli svedesi, ai norvegesi e ai russi se i sopravvissuti del dirigibile Italia si salvarono. Il comandante Nobile, dal canto suo, passò il resto della sua lunga vita a giustificarsi. Raccontò l’unica figlia Maria Nobile (1917-2016), nata dal primo matrimonio con Carlotta Ferraiolo: “Mussolini chiamò mio padre per farsi raccontare dell’impresa. Il duce l’accolse affettuosamente e lui gli mostrò dati e documenti che spiegavano le ragioni per cui aveva accettato di lasciare per primo la tenda rossa (se non l’avesse fatto, il Krasin non sarebbe mai intervenuto, ndr). Ma, arrabbiato com’era, si lasciò trascinare dal suo carattere impetuoso: alzò la voce e fece impallidire Mussolini. Al duce bastò un cenno di capo perché il suo cameriere personale prendesse mio padre e lo accompagnasse alla porta”

Gli anni in Urss e deputato della Costituente

Amareggiato dall’atteggiamento italiano nei suoi confronti si dimise dall’Aeronautica nel 1929 e ormai in disgrazia nel regime fascista, Nobile abbandonò l’Italia nel 1931 per partecipare alla spedizione artica del rompighiaccio Malyghin, per trasferirsi l’anno dopo in Unione Sovietica dove collaborò al progetto di dirigibile URSS W6 OSOAVIAKHIM, (schiantandosi nel febbraio 1938). Rientrato nel novembre 1936, nel 1939 emigrò negli Stati Uniti dove le sue capacità di progettista vennero ampiamente utilizzate e dal febbraio 1943 fu in Spagna. Rientrò in Italia dopo il 25 luglio 1943 e nel 1945 chiese e ottenne di rientrare nei ranghi dell’Aeronautica Militare e fu promosso al grado di maggior generale del genio aeronautico.

Dal giugno 1946 al gennaio 1948 fu deputato all’Assemblea Costituente, eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano[5][6], dove fu eletto nel Lazio con 33 373 preferenze, secondo solo al segretario generale Palmiro Togliatti. Durante i lavori dell’assemblea costituente Nobile fu autore, assieme a Gustavo Colonnetti e a Giuseppe Firrao, dell’emendamento che porterà all’affermazione, nell’articolo 9 della Costituzione, che la Repubblica promuove la ricerca scientifica e tecnica.

Dopo il 1948 riprende l’attività di docente di Aerodinamica presso l’Università di Napoli e direttore dell’istituto di Costruzioni aeronautiche fino al 1960, dedicandosi anche ai suoi studi ed alla pubblicazione di libri e memorie.

Fu autore di numerosissimi scritti tecnici oltre che di diverse memorie storiche riguardo alle due trasvolate polari. La storia della tragica spedizione è raccontata in alcuni libri scritti dallo stesso Nobile. Al dramma della spedizione del dirigibile Italia si è ispirato nel 1969 il film La tenda rossa con Sean Connery nei panni di Amundsen e Peter Finch in quelli di Nobile.

Una nuova struttura scientifica italiana, la Amundsen-Nobile Climate Change Tower installata a Ny-Ålesund, porta il suo nome, affiancato a quello di Roald Amundsen.

Il portale web dell’Aeronautica Militare ha proposto una pagina, intitolata “I grandi aviatori“, dove vengono citate le maggiori personalità storiche dell’aviazione italiana, ponendo Nobile tra di esse.

Gli ultimi anni

Il Generale Umberto Nobile passò tutti gli ultimi anni della sua vita a raccogliere la memoria storica delle sue spedizioni assistito amorevolmente dalla seconda moglie Gertrude Stolp che aveva sposato a Roma nel 1959, e che gli fu costantemente al fianco sino alla morte avvenuta il 30 luglio 1978, nella sua casa di Roma in Via Monte Zebio n.28.

Il Generale Umberto Nobile fu sepolto con inumazione in terra nel Cimitero Flaminio di Roma Nord, noto anche come Cimitero di Prima Porta, il più grande d’Italia; nella zona dei Cipressi, riquadro 10, di viale degli Uffici.

Fonti di informazioni Aeronautica, siti web