Descrizione
Foto di Papa PIO XI , con autografo originale (scritto di pugno) e timbro a secco del Somme Pontefice regnante (timbro a rilievo) . Firma in latino , PIUS PP. XI . Foto montata su cartoncino rigido, realizzata dal fotografo ufficiale del Vaticano, FELICI , Roma. La richiesta di Benedizione è di un prelato che nel Gennaio del 1927 celebrava i 25 anni al servizio della Santa Sede, e si rivolge al Santo Padre nel giorno della festa della Cattedra di S.Pietro. (Il 22 febbraio la Chiesa cattolica festeggia la Cattedra di San Pietro. Si tratta della ricorrenza in cui viene messa in modo particolare al centro la memoria della peculiare missione affidata da Gesù a Pietro. Così recita il Martirologio Romano: “Festa della Cattedra di san Pietro Apostolo, al quale disse il Signore: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»). Papa PIO XI fu l’artefice del trattato autografo trilaterale dei Patti Lateranensi, firmati tra il Re d’Italia, Benito Mussolini e la Chiesa Romana.
La foto è incorniciata d’epoca, ed il lotto è in ottime condizioni. Non si notano danni o particolari deterioramenti della carta e della foto sulla quale sono apposti il testo autografo ad inchiostro (penna stilografica) e la firma di Papa PIO XI .
Timbro a secco in rilievo , con stemma del sommo pontefice Pio XI.
Le misure del cartoncino sul quale è montata la foto sono circa cm.60 x 40 , con la cornice circa cm.70 x 50
Notizie
Papa Pio XI (come nell’autografo , in latino Pius PP. XI , nato Ambrogio Damiano Achille Ratti; Desio, 31 maggio 1857 – Città del Vaticano, 10 febbraio 1939) è stato il 259º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1922 alla sua morte. Dal 7 giugno 1929 fu il 1º sovrano del nuovo Stato della Città del Vaticano.
Achille Ratti nacque il 31 maggio 1857, a Desio, nella casa che attualmente è sede del Museo Casa Natale Pio XI e del “Centro Internazionale di Studi e Documentazione Pio XI” (al civico 4 di via Pio XI, all’epoca via Lampugnani). Quarto di cinque figli, fu battezzato il giorno dopo la nascita, nella prepositurale dei Santi Siro e Materno con il nome di Achille Ambrogio Damiano Ratti (il nome Ambrogio in onore del nonno paterno, suo padrino di battesimo). Avviato alla carriera ecclesiastica dall’esempio dello zio don Damiano Ratti, Achille studiò a partire dal 1867 nel seminario di Seveso, poi in quello di Monza. Si preparò per la maturità presso il Collegio San Carlo e superò gli esami presso il Liceo Parini. Dal 1874 fece parte dell’ordine terziario francescano. Nel 1875 iniziò gli studi teologici; i primi tre anni nel Seminario Maggiore di Milano e l’ultimo nel Seminario di Seveso. Nel 1879 è a Roma presso il Collegio Lombardo. Fu ordinato sacerdote il 20 dicembre 1879 a Roma dal cardinale Raffaele Monaco La Valletta.
Ratti fu uomo di vasta erudizione, ottenne infatti tre lauree nei suoi anni di studio romani: in filosofia all’Accademia di San Tommaso d’Aquino di Roma, in diritto canonico all’Università Gregoriana e teologia all’Università La Sapienza. Aveva inoltre una forte passione sia per gli studi letterari, dove preferiva Dante e Manzoni, sia per gli studi scientifici, tanto che era stato in dubbio se intraprendere lo studio della matematica; a tal proposito fu grande amico e, per un certo periodo collaboratore di don Giuseppe Mercalli, noto geologo e creatore dell’omonima scala dei terremoti, che aveva conosciuto come insegnante nel seminario di Milano.
Ratti fu anche un valido educatore, non solo nell’ambito scolastico. Dal 1878 fu professore di matematica al seminario minore. Aveva studiato l’ebraico al corso del seminario arcivescovile e aveva approfondito gli studi con il rabbino capo di Milano Alessandro Da Fano, così divenne docente di ebraico in seminario nel 1907 e mantenne l’incarico per tre anni. Come docente portava i suoi allievi nella Sinagoga di Milano, affinché familiarizzassero con l’ebraico orale, iniziativa ardita che era inusuale nei seminari. Come cappellano del Cenacolo di Milano, una comunità religiosa dedita all’educazione delle ragazze (incarico tenuto dal 1892 al 1914), ebbe modo di esercitare un’attività pastorale ed educativa molto efficace, entrando in contatto con fanciulle e ragazze di ogni stato e condizione, ma soprattutto con la buona società milanese: i Gonzaga, i Castiglione, i Borromeo, i Della Somaglia, i Belgioioso, i Greppi, i Thaon di Revel, gli Jacini, gli Osio, i Gallarati Scotti.
Ratti fu pure un appassionato alpinista: scalò diverse vette delle Alpi e fu il primo – il 31 luglio 1889 – a raggiungere la cima del Monte Rosa dalla parete orientale; conquistò, sebbene gravato del peso di un ragazzo che portava sulle spalle, il Gran Paradiso; il 7 agosto 1889 scala il Monte Cervino, e a fine luglio 1890 il Monte Bianco, aprendo la via successivamente chiamata “Via Ratti – Grasselli”.
Carriera ecclesiastica
La profonda competenza negli studi portò Ratti all’attenzione di papa Leone XIII. Nel giugno 1891 e nel 1893 fu così invitato a partecipare ad alcune missioni diplomatiche al seguito di monsignor Giacomo Radini-Tedeschi in Austria e in Francia. Ciò avvenne su segnalazione dello stesso Radini-Tedeschi, il quale aveva studiato con Ratti presso il Pontificio Seminario Lombardo di Roma. Nell’agosto 1882 fu nominato parroco sostituto di Barni, ove ancora oggi è affissa una targa in suo onore nella chiesa parrocchiale dedicata all’Annunciazione.
Nel 1888 entrò a far parte del collegio dei dottori della Biblioteca Ambrosiana, per diventarne prefetto nel 1907. Il 6 marzo 1907 fu nominato prelato di Sua Santità con il titolo di monsignore.
Intanto nel 1894 era entrato a far parte degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo, un istituto di sacerdoti secolari profondamente milanese, radicato nella spiritualità di san Carlo Borromeo e sant’Ignazio di Loyola. Agli esercizi spirituali ignaziani don Ratti resterà sempre legato, ad esempio mediterà gli esercizi del 1908, del 1910 e del 1911 presso i gesuiti di Feldkirch, in Austria. Chiamato da Pio X a Roma, fu socio del Circolo San Pietro, fu nominato l’8 novembre 1911 viceprefetto con diritto di successione e, il 27 settembre 1914, regnante Benedetto XV, prefetto della Biblioteca Vaticana.
Arcivescovo di Milano e cardinale
Elezione a Romano Pontefice
Achille Ratti fu eletto papa il 6 febbraio 1922 alla quattordicesima votazione di un conclave contrastato. Gli elettori erano in effetti divisi in due fazioni: da un lato i “conservatori”, che puntavano sul cardinale Merry del Val (ex Segretario di Stato sotto papa Pio X), dall’altro i “liberali”, riuniti nella preferenza per il Segretario di Stato uscente, cardinale Pietro Gasparri. La convergenza sul nome del cardinale lombardo risultò dunque frutto di un compromesso. Una volta accettata l’elezione e scelto il nome, Pio XI, rivestito dell’abito corale, chiese di potersi affacciare dalla loggia esterna della basilica vaticana (in luogo di quella interna utilizzata dai suoi tre ultimi predecessori): la possibilità gli fu accordata e, una volta recuperato uno stendardo per adornare il balcone (nello specifico quello di Pio IX, il più recente tra quelli a disposizione), il nuovo pontefice poté presentarsi alla folla raccolta in Piazza San Pietro, alla quale impartì una semplice benedizione Urbi et Orbi, senza tuttavia pronunziare alcuna parola.
La scelta di presentarsi con lo sguardo rivolto verso la città di Roma e non entro le mura vaticane, indicò la sua volontà di risolvere la questione romana, con l’irrisolto conflitto tra i suoi ruoli di capitale d’Italia e sede del potere temporale del papa. Significativamente, dagli astanti accorsi dinnanzi alla basilica petrina si levò il grido Viva Pio XI! Viva l’Italia! La Questione romana incontrava non solo le preoccupazioni e le speranze dei cattolici in Italia, ma anche di tutti i cattolici del mondo, tanto da indurre zelanti sacerdoti, peraltro missionari, come per esempio don Luigi Orione, a prendere iniziative personali e scrivere più volte al capo del governo fascista Benito Mussolini; altri sacerdoti intervennero con propri studi presso la Segreteria di Stato Vaticana, nella persona del delegato del papa, cardinale Pietro Gasparri.
L’11 febbraio 1929 il papa fu l’artefice della firma dei Patti Lateranensi tra il cardinale Pietro Gasparri e il governo fascista di Benito Mussolini. Il 13 febbraio 1929 pronunciò un discorso agli studenti e ai docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che passò alla storia per una definizione, secondo cui Mussolini sarebbe stato «un uomo […] che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare»:
«Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora? La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di averCela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli altri. La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo. E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la questione ci voleva proprio un Papa alpinista, un alpinista immune da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue; come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un Papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo stati anche dall’altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti « tamquam per medium profundam eundo » a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio.» |
(Papa Pio XI, allocuzione Vogliamo anzitutto – autografo) |
… omissis …
Morte e discorso scomparso
Nel febbraio 1939 Pio XI convocò a Roma tutto l’episcopato italiano in occasione del I decennale della “conciliazione” con lo Stato Italiano, del XVII anno del suo pontificato e il 60º anno del suo sacerdozio. Nei giorni 11 e 12 febbraio Papa PIO XI avrebbe pronunciato un importante discorso, autografo , preparato da mesi, che sarebbe stato il suo testamento spirituale e dove, probabilmente, avrebbe denunciato la violazione dei Patti Lateranensi da parte del governo fascista e le persecuzioni razziali in Germania. Tale discorso è rimasto segreto fino al pontificato di papa Giovanni XXIII quando nel 1959 vennero pubblicate alcune parti. Egli infatti morì per un attacco cardiaco dopo una lunga malattia, nella notte del 10 febbraio 1939. È ormai assodato che il testo del discorso fu fatto distruggere per ordine di Pacelli, al tempo Cardinal Segretario di Stato e responsabile di gestire il Vaticano nell’attesa della nomina di un nuovo papa.
Fonti di approfondimento usate Wikipedia. Considerata la vastità dell’argomento si rimanda alle notizie consultabili sullo stesso Wikipedia.
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